Violoncelli in scena Il Festival al castello
Dal 2 al 5 agosto in Alto Adige al maniero Fontana sopra Merano «Castelcello», unica rassegna di questo genere in Italia e tra le poche europee La suggestiva location medievale fu dimora di Ezra Pound fino alla sua morte
Il nuovo direttore artistico Dillon: «Strumento poliedrico e creativo spazia tra classica, jazz, rock e folk»
E’in arrivo al Castello Fontana di Merano l’unico festival di violoncello in Italia, «Castelcello», dal 2 al 5 agosto. Una location di grande suggestione, quella del castello medievale edificato nel 1241, allora nel territorio della diocesi di Coira, da Wilhelm Tarant al servizio del Conte Alberto III di Tirolo. Nel tempo fu diverse volte distrutto e ricostruito. Nel 1955 il castello fu acquistato dal principe Boris de Rachewiltz (professore ed egittologo), che nel 1946 aveva sposato Mary, la figlia del poeta statunitense Ezra Pound e di Olga Rudge. Pound vi risiedette dal 1958 fino alla sua morte. Nel periodo che trascorse al castello, compose gli ultimi 6 dei suoi 116 Cantos. Nel castello è custodito anche il violoncello, in fase avanzata di restauro e recupero, di Ezra Pound. Francesco Dillon, torinese e ambasciatore musicale
nel mondo con il suo violoncello, è il nuovo direttore artistico di «Castelcello», tra i pochissimi eventi dedicati a questo strumento. «Castelcello», diretto fino allo scorso anno dal violinista e compositore Marcello Fera.
Maestro Dillon, come sarà il programma del Castelcello festival?
«La serata d’apertura, venerdì 2 agosto, vede in scena il Quartetto Prometeo e il violoncellista Enrico Bronzi, interprete colto e creativo. Il programma sarà incentrato sul repertorio di Franz Schubert e in particolare sul Quintetto con due violoncelli op.163. E la tradizione vuole che si associ la tonalità di Do Maggiore al colore rosso»
Altri eventi importanti?
«Sabato 3 sarà invece una serata avventurosa, legata all’estro straordinario di Ernst Reijseger, jazzista, improvvisatore, compositore. musicista dalle mille facce. Il recital del 4 agosto è di Ditta Rohmann, giovane virtuosa ungherese. Il quarto e conclusivo appuntamento, lunedì 5, sarà il concerto finale del corso di perfezionamento e vedrà impegnati sette giovani violoncellisti provenienti da Italia, Spagna e Russia.
Il violoncello nella storia musicale recente ha cambiato ruolo?
«Nel XX secolo il violoncello si evolve e si impone come strumento poliedrico: basta pensare all’opera infaticabile di una leggenda come Mstislav Rostropovich a cui sono state dedicate più di 100 opere. Molti violoncellisti in questi anni hanno contribuito ulteriormente a questa crescita e all’ estensione delle possibilità tecniche ed espressive.
Io stesso ho sempre trovato naturale (oltrechè doveroso e necessario) affiancare al repertorio storico, l’investigazione del contemporaneo e il rapporto creativo con i compositori del mio tempo.
Negli ultimi anni il violoncello si è conquistato spazio nel rock (più o meno) alternativo, nel jazz, nel folk. A Castelcello vogliamo raccontare tutte queste storie e mostrare questi diversi volti».
Preferisce suonare come solista, in ensemble o con l’orchestra?
«Non potrei mai scegliere. Ognuna di queste forme ha una bellezza per me irrinunciabile e richiede una diversa attitudine: il monologo è di fatto un concerto solitario, poi c’è il dialogo intimo fra strumenti di natura molto diversa nel duo con pianoforte. Quindi la fusione totale sublime e necessaria nel quartetto d’archi. E la sfida esaltante, quasi impari, del solo violoncello al confronto con l’orchestra sinfonica. Occorre modulare, caso per caso, impegno e impostazione per esprimerci nel modo migliore».