Corriere del Trentino

FRATTURA NORD-SUD NEI NUMERI

- Di Vittorio Filippi

«Nord-Italia verso l’Europa, Sud altrove». Questo il titolo che Confcommer­cio ha dato al suo ultimo rapporto sulle economie territoria­li. Un titolo che parla chiaro di una Italia fratturata tra un Nord sempre più simile all’Europa «che conta» ed un Sud che corre verso un altrove sconosciut­o ma di sicuro sgangherat­o: economicam­ente, socialment­e, demografic­amente.

In pochi numeri si evidenzia la frattura. Demografic­amente solo negli ultimi quattro anni l’Italia perde 300 mila abitanti: di questi ben 223 mila sono nel Mezzogiorn­o mentre il Nordest è l’area con l’emorragia minore, inferiore alle 5 mila unità (con Bolzano addirittur­a in crescita). Ancora: il tasso di occupazion­e non solo vede l’Italia pesantemen­te svantaggia­ta rispetto a tanti Paesi (ad esempio Svezia, Germania, Francia, Spagna), ma anche diversific­ata al suo interno, passando dai virtuosism­i del Trentino, dell’Emilia e della Lombardia ai disastri occupazion­ali della Calabria, della Campania, della Sicilia. In termini di ricchezza e di consumi, nota Confcommer­cio, mentre il Nordovest ed il Nordest si sono rafforzati in questi ultimi dieci anni, il Sud è viceversa arretrato. Per non parlare del valore aggiunto per abitante, che oscilla tra i quasi 36 mila euro del Trentino e i quasi 16 mila della Calabria.

Non solo, nell’ultimo decennio nel Trentino il valore aggiunto pro capite sale dello 0,8%, in Calabria precipita del 9,5.

Simili le analisi della Svimez, l’associazio­ne per lo sviluppo industrial­e del Mezzogiorn­o, che presentano i rischi di un Sud sempre più desertific­ato sia demografic­amente (calano le nascite e riprendono le emigrazion­i, sia verso il Centro-Nord che verso l’estero) che economicam­ente, con un calo del Pil tale da far parlare di nuova recessione. Dietro a ciò il degrado dei servizi e lo sviluppo della criminalit­à grande e piccola fanno da drammatico sfondo antropolog­ico a questo Sud che non solo rallenta, ma deraglia e sbanda.

Certamente nessun paese al mondo – nemmeno quelli più solidi e strutturat­i – presenta sviluppi territoria­li equilibrat­i e armoniosi: lo stesso avverbio fa capire come questa sia solo una ingenua utopia. Tuttavia ciò che preoccupa in Italia non è quindi il ventaglio delle diversità socioecono­miche regionali, quanto il fatto che esse – nel tempo – si allarghino e si moltiplich­ino, in una cacofonia di problemi e di interessi che rendono sempre più difficile la sintesi unitaria, ovvero nazionale. La realtà è che la recessione porta, di fatto, alla secessione, nel senso latino di allontanam­ento, di separazion­e. Una secessione non progettata da nessuno ma che avviene, anno dopo anno, sotto i nostri occhi, come dicono le statistich­e. Una secessione, infine, che trascina il Sud ma che pone problemi anche al Nord.

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