FRATTURA NORD-SUD NEI NUMERI
«Nord-Italia verso l’Europa, Sud altrove». Questo il titolo che Confcommercio ha dato al suo ultimo rapporto sulle economie territoriali. Un titolo che parla chiaro di una Italia fratturata tra un Nord sempre più simile all’Europa «che conta» ed un Sud che corre verso un altrove sconosciuto ma di sicuro sgangherato: economicamente, socialmente, demograficamente.
In pochi numeri si evidenzia la frattura. Demograficamente solo negli ultimi quattro anni l’Italia perde 300 mila abitanti: di questi ben 223 mila sono nel Mezzogiorno mentre il Nordest è l’area con l’emorragia minore, inferiore alle 5 mila unità (con Bolzano addirittura in crescita). Ancora: il tasso di occupazione non solo vede l’Italia pesantemente svantaggiata rispetto a tanti Paesi (ad esempio Svezia, Germania, Francia, Spagna), ma anche diversificata al suo interno, passando dai virtuosismi del Trentino, dell’Emilia e della Lombardia ai disastri occupazionali della Calabria, della Campania, della Sicilia. In termini di ricchezza e di consumi, nota Confcommercio, mentre il Nordovest ed il Nordest si sono rafforzati in questi ultimi dieci anni, il Sud è viceversa arretrato. Per non parlare del valore aggiunto per abitante, che oscilla tra i quasi 36 mila euro del Trentino e i quasi 16 mila della Calabria.
Non solo, nell’ultimo decennio nel Trentino il valore aggiunto pro capite sale dello 0,8%, in Calabria precipita del 9,5.
Simili le analisi della Svimez, l’associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, che presentano i rischi di un Sud sempre più desertificato sia demograficamente (calano le nascite e riprendono le emigrazioni, sia verso il Centro-Nord che verso l’estero) che economicamente, con un calo del Pil tale da far parlare di nuova recessione. Dietro a ciò il degrado dei servizi e lo sviluppo della criminalità grande e piccola fanno da drammatico sfondo antropologico a questo Sud che non solo rallenta, ma deraglia e sbanda.
Certamente nessun paese al mondo – nemmeno quelli più solidi e strutturati – presenta sviluppi territoriali equilibrati e armoniosi: lo stesso avverbio fa capire come questa sia solo una ingenua utopia. Tuttavia ciò che preoccupa in Italia non è quindi il ventaglio delle diversità socioeconomiche regionali, quanto il fatto che esse – nel tempo – si allarghino e si moltiplichino, in una cacofonia di problemi e di interessi che rendono sempre più difficile la sintesi unitaria, ovvero nazionale. La realtà è che la recessione porta, di fatto, alla secessione, nel senso latino di allontanamento, di separazione. Una secessione non progettata da nessuno ma che avviene, anno dopo anno, sotto i nostri occhi, come dicono le statistiche. Una secessione, infine, che trascina il Sud ma che pone problemi anche al Nord.