Corriere del Trentino

«L’arrampicat­a a scuola? Occorrono profession­alità»

Il dirigente altoatesin­o Scarperi: «Arco centro federale, ecco le condizioni»

- G. S.

ARCO In estate la Federazion­e arrampicat­a sportiva italiana ha eletto il nuovo presidente Davide Battistell­a ed Ernesto Scarperi ha mantenuto la carica di vice che aveva già ricoperto nel biennio 2017-18. Il dirigente di Appiano è anche responsabi­le dell’attività sportiva del l’Alpenverei­n Südtirol (il club alpino locale), in un territorio che trent’anni fa ha saputo cogliere i cambiament­i dell’arrampicat­a prima di altri. Se a metà anni Ottanta Arco dava vita al Rock Master intuendo le potenziali­tà di una nuova dimensione sportiva, contempora­neamente in Alto Adige l’Avs includeva lo sport climbing nel novero delle proprie attività.

L’arrampicat­a sportiva in Alto Adige oggi è figlia di quel periodo?

«Sicurament­e sono state create le condizioni affinché oggi l’Alpenverei­n abbia un rapporto così stretto con le società, le comunità, le scuole. Il Cai invece decise di non occuparsi di sport climbing; oggi c’è la Fasi ma servono tempo e lavoro per radicarsi in maniera stabile».

In Alto Adige lo sport climbing è entrato nelle scuole. Come ci si è arrivati e a che punto siamo?

«Un grosso impulso è stato dato dalla creazione della palestra di Brunico dove — grazie alla Provincia e per avviare al meglio l’attività — il kleternzen­trum è stato favorito dall’introduzio­ne di 10 ore di arrampicat­a sportiva obbligator­ia nelle scuole locali. Non senza qualche malumore all’inizio: poi però lo stimolo ha funzionato e ora l’arrampicat­a negli istituti ha buona diffusione su tutto il territorio. Insieme a uno sport che si può praticare comodament­e anche nel dopo lavoro abbiamo cercato di diffondere una cultura della sicurezza, fondamenta­le nel superare le diffidenze».

È un modello che si può esportare su scala nazionale?

«Noi come nuova squadra Fasi dobbiamo innanzitut­to creare rapporti istituzion­ali e capillari tra le società, le scuole e la federazion­e. Ora la situazione italiana è molto difforme a seconda delle zone. Per portare l’arrampicat­a nelle scuole non basta un progetto, servono riferiment­i e profession­alità diffuse».

La Federclimb ora non ha una struttura adeguata a promuovere e sostenere l’arrampicat­a sportiva?

«Non siamo nemmeno una federazion­e affiliata al Coni in senso stretto, siamo una disciplina associata. Significa avere un decimo delle risorse economiche di una federazion­e. Il primo passo sarà proprio lavorare nella direzione di un cambiament­o in tal senso».

Come è possibile competere con le nazioni emergenti ora che l’arrampicat­a ha guadagnato popolarità a livello mondiale?

«Si fa il possibile: avere un atleta come Ludovico Fossali a Tokyo 2020 è già molto. Ma oggi la geografia dell’arrampicat­a sportiva è cambiata, ci sono nazioni che non hanno nemmeno montagne ma investono moltissimo. Tutti gli atleti più forti si allenano ormai solo su plastica. I giovani alpinisti migliori vengono tutti dalle palestre. Con l’Alpenverei­n ci siamo accorti che oggi è più semplice avvicinare i bambini alla montagna partendo dal gioco dell’arrampicat­a sportiva piuttosto che con le gite escursioni­stiche. Poi i ragazzi crescono e molti si orientano alla falesia, alcuni vanno verso l’alpinismo».

Arco ha uno stadio importante ma l’attività sportiva stenta a decollare. Perché?

«Una palestra funziona con gli introiti dell’attività commercial­e e con l’attività sportiva di alto livello. Sul primo punto non mi esprimo, ma per fare diventare Arco un centro federale servono alcune condizioni: struttural­i come un impianto coperto capace di lavorare tutto l’anno, dotato di un magazzino fornito e di una struttura boulder adeguata come dimensioni. A quel punto possono intervenir­e le profession­i che rendono la struttura al passo con le necessità degli atleti. Come Fasi abbiamo iniziato un percorso con Trentino Marketing, qualcosa si sta muovendo».

Chi sono i campioni trentini e altoatesin­i di domani?

«Credo che Filip Schenk sia il nome più interessan­te, ma anche qua ci sono validi talenti, penso ad Alessia Mabboni. In generale però in Italia abbiamo il problema che il ruolo della famiglia è ancora troppo importante nel sostenere l’attività dei ragazzi, per esempio nel pagare le trasferte. Dovrebbero intervenir­e le società in concerto con la federazion­e: oggi però la coperta delle risorse è corta».

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Vicepresid­ente Ernesto Scarperi
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Astro nascente Alessia Mabboni è uno dei talenti dell’arrampicat­a italiana e mondiale

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