Tesser, pittura che indaga le potenzialità dei volti
La mostra alla Biblioteca Tartarotti di Rovereto. «Pittura surrealista»
La ricerca
Nell’ultimo decennio con i miei quadri mi sono dedicato alla figura umana, in una ricerca centrata sulle potenzialità dei visi e su quello che esprimono
La gestualità
Dai visi sono passato alla gestualità delle figure, soffermandomi sul bacio e sull’abbraccio. Oggi sto lavorando a tutto tondo, tra gestualità e ricerca della forma
Una ricerca lunga quasi quarant’anni attorno al figurativo, attraverso un’evoluzione che dal paesaggio e dalle diverse forme si è concentrata sempre più sulla figura umana. Da qui è proseguita, ponendo attenzione ai volti quali elementi primari della comunicazione, mentre nell’ultimo triennio l’interesse si è rivolto soprattutto allo studio della gestualità, in particolare a quella legata agli spazi dell’affettività. Un linguaggio sintetico, uno sguardo capace di andare oltre il realismo per restituire l’essenza di una situazione. Cifra costante di questo percorso il colore in tutte le sue gradazioni e sfumature. «Mi interessa la forma attraverso il colore, che è la mia anima. Lo uso da sempre in tutti i modi e le tecniche, lavoro a olio perché preferisco sfumare e lasciare la texture nella tela»: Paolo Tesser (1955, Tai di Cadore, Belluno) ci racconta così Paolo Tesser - Opere dal 1981 al 2019, la mostra inaugurata ieri e visitabile alla sala multimediale della Biblioteca civica Tartarotti di Rovereto. Aperta fino al 17 settembre, la personale dell’artista propone un percorso attraverso una quindicina di opere di grande formato che narrano oltre un quarantennio di esperienza artistica in cui Tesser ha sviluppato una personalità stilistica e concettuale immediatamente riconoscibile, di forte impronta espressionista, incentrata principalmente su tematiche umane, in senso biologico ed affettivo. Dalla sua prima personale del 1976 alla Tavolozza cadorina, prende il via un itinerario artistico in cui Tesser mette a punto un linguaggio pittorico di tendenza espressionista, dove la figura e la forma nascono e si costruiscono dentro un accordo cromatico deciso e molto intenso. Tra le sue opere, assume particolare significato Il ciclo della vita, realizzato tra il 2004 e il 2012, un insieme di trenta tele per una superficie complessiva di quattordici metri quadrati, in cui viene narrato il cammino dell’essere umano, dalla genesi alla morte. «Nell’ultimo decennio mi sono dedicato alla figura umana, in una ricerca incentrata sulle potenzialità dei visi nella comunicazione. Visi che al primo sguardo possono sembrare tutti uguali, ma che attraverso i lineamenti
ci differenziano l’uno dall’altro – riprende Tesser -. Dai visi sono passato alla gestualità delle figure, soffermandomi sul bacio e sull’abbraccio. Oggi sto lavorando a tutto tondo, tra gestualità e ricerca della forma, con l’intento di delineare situazioni e contesti, non tanto legati al realismo ma soggettivi, capaci di riportare sempre alla complessità delle relazioni umane». Una pittura che, come osserva la curatrice Maria Palladino, pur nella bidimensionalità della rappresentazione, richiama a una solidità plastica: «Si tratta principalmente di una pittura di figure, potremmo dire “organica”, nella predilezione per la linea curva e per le cadenze avvolgenti, che molto ricorda la strutturazione geometrica e sintetica della lezione cézanniana. Non mancano accenti picassiani che si rifanno al periodo classico, ma subito stemperati in un’atmosfera di sapore surrealista, nel sincretismo dei volti e delle movenze, che sdoppiano e amalgamano membra e tratti somatici, comunicando l’impressione di un gioco di specchi», approfondisce. Non solo pittore, anche autore di versi, sin dagli esordi Tesser rivela la sua indole poetica nei titoli lavori: Frammenti di malinconia o Estasi d’estate, entrambi degli anni Ottanta, mentre nel più recente Manichini a Cagliari (2017), cinque figure femminili, vestite uguali, in posizione frontale, lo sguardo abbassato, le mani nascoste o trattenute, sembrano sottolineare che la vicinanza fisica può raccontare il vuoto di emozioni e sentimenti. «Evidente è anche l’influenza delle correnti espressioniste tedesche fra le due guerre, in particolare dei modi di Oskar Kokoschka, per la ricerca nella distorsione dei personaggi e nella sintesi emozionale e formale», aggiunge Palladino. Si notano anche vicinanze con l’arte africana. In La mia Africa, ad esempio, è presente «una volontà di arrivare agli archetipi e procedere dall’arcaico alla contemporaneità», prosegue Palladino, istituendo infine un collegamento dell’opera di Tesser con l’Arte Povera e l’Art Brut. «Siamo tutti ostaggi del nostro vivere, comunque condizionati, nel bene e nel male, dai nostri limiti, oppressi dalle necessità e dalle costrizioni provenienti dall’esterno e dall’interno di noi, alla ricerca della radice ultima del nostro agire», conclude.