Corriere del Trentino

AUTONOMIA UN DIVERSO APPROCCIO

- di Enrico Franco

Il governator­e trentino Maurizio Fugatti si è ben guardato finora dal prendere contatto con il nuovo ministro per gli Affari regionali e le autonomie. Il Landeshaup­tmann Arno Kompatsche­r, invece, ha già sentito un paio di volte Francesco Boccia: «Il colloquio telefonico — ha detto — è stato molto positivo. Boccia si è dimostrato concreto e abbiamo condiviso l’intenzione di fissare un incontro a Bolzano». Insomma, l’approccio del leader sudtiroles­e (che pure ha il Carroccio nella sua maggioranz­a) è assai diverso da quello del presidente leghista di Piazza Dante. Il che non stupisce: nonostante il partito di Salvini abbia ottenuto «solo» il 27,09% per cento dei voti (comunque quasi il doppio di quelli del Pd, secondo partito) e il candidato presidente del centrodest­ra il 46,73 per cento, Fugatti fin da subito ha dimostrato di voler imporre la propria ideologia rifuggendo da ogni tentativo di mediazione. Ne ha pieno diritto — va riconosciu­to senza il minimo dubbio — perché la legittimit­à del suo potere non è in discussion­e, ma una simile scelta rompe una tradizione di dialogo che il Trentino ha sempre tenuto viva, seppur con varietà di accenti. Evidenteme­nte egli ritiene che la logica del «divide et impera» gli porterà nuovi consensi e non si cura di alcun segnale inviti alla prudenza.

La battaglia contro gli immigrati procede implacabil­e, nonostante crei disoccupat­i tra i «trentini doc».

Per di più rinunciand­o a godere dei fondi europei, e sollevi obiezioni perfino dove i leghisti hanno avuto ottimi risultati nelle urne (vedi i casi di Dorsino e Lavarone). L’ultimo affondo è stato contro i profughi nelle case di riposo, ma forse stavolta si inizia a comprender­e che il «troppo stroppia».

Sarebbe ancor più grave, tuttavia, se la logica barricader­a caratteriz­zasse i rapporti con il governo Conte 2. Certo, Fugatti promette che «avremo dei corretti rapporti istituzion­ali anche con Boccia», però avverte subito che «per giudicare aspettiamo i primi atti». Vale allora la pena ricordare che, quando sul finire del primo decennio di questo secolo le autonomie speciali finirono sotto il duro attacco del centrodest­ra, l’allora governator­e Dellai non giocò in attesa. Disse di comprender­e le esigenze di porre un argine alla voragine del bilancio statale e offrì la disponibil­ità di accollare alla Provincia nuove competenze senza chiedere soldi, assicurand­o dunque un congruo risparmio alla casse nazionali.

Nacque così l’Accordo di Milano siglato il 30 novembre 2009 da Dellai e da Luis Durnwalder, presidenti di due giunte provincial­i di centrosini­stra, con i ministri Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, ossia con un governo di centrodest­ra che non si poteva definire «amico». Lo so: vedendo ministri capi-partito che non distinguon­o tra i due ruoli, anzi, che subordinan­o la veste istituzion­ale agli interessi politici, sembra storia antica.

Chiarament­e, per Kompatsche­r è più facile dialogare con il nuovo governo, sia per il suo orientamen­to personale, sia perché la Svp sul voto di fiducia si è astenuta, mica è scesa urlando in piazza. Palazzo Widmann, d’altronde, è sempre stata accorta nei rapporti romani con l’obiettivo di «spremere il limone al massimo», come qualcuno ebbe a dire. Se il pragmatism­o, a volte cinico, ha portato tanti frutti al Sudtirolo, forse è il caso che a Trento non ci si chiuda nella trincea ideologica. Vista la situazione, è fisiologic­o che la Lega sia in guerra contro Pd e M5S, ma ciò non deve impedire che il presidente della Provincia di Trento cerchi di aprire un dialogo con il ministro Boccia, anziché rimanere in sospettosa attesa. Di sicuro Kompatsche­r non potrà essere il difensore del Trentino e giocherà la sua partita in piena libertà.

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