Van der Heide si presenta «Così crescerà Museion»
L’esordio del nuovo direttore: «Porterò Museion fino a New York e Singapore. E voglio creare sinergie con Sgarbi e il Mart»
Il nuovo direttore di Museion Bart van der Heide non parla italiano. «Non ancora», ha precisato ieri la presidente della Fondazione Museion, Marion Piffer Damiani, presentando ufficialmente il successore di Letizia Ragaglia, che da giugno 2020 prenderà le redini del museo di arte contemporanea di Bolzano.
«Il nuovo direttore parla discretamente tedesco e non ho dubbi che a breve ci stupirà con un buon italiano».
Archiviato dunque il prerequisito del trilinguismo, che ha precluso a molti papabili candidati l’accesso a una selezione clamorosamente naufragata. Con il passaggio alla chiamata diretta, i vertici di Museion hanno deciso di chiudere un occhio su un criterio evidentemente troppo stringente e, a luglio, dopo non poche polemiche, si era giunti all’identificazione del nuovo direttore. Olandese, 45 anni, quasi due metri di statura, look dimesso e approccio amichevole, Bart van der Heide, ex responsabile per la ricerca presso lo Stedeljik Museum di Amsterdam ieri si è raccontato.
Qual è stata la prima cosa che ha fatto, una volta selezionato?
«Sono andato in Provincia e mi sono presentato all’assessore alla Cultura tedesca, Achammer. Sarà prioritario mantenere rapporti forti e diretti con le istituzioni e la politica, ma anche con partner pubblici e privati del territorio. Questo museo non può più considerarsi un satellite: deve mettersi in relazione con il resto della società, da ar/ge kunst a Südtiroler Künstlerbund, dal Mart a Centrale di Fies. Ci sono iniziative meravigliose in Alto Adige, un territorio molto attivo e stimolante».
Aveva già visitato Museion?
«Più volte. All’inizio della selezione sono venuto in incognito per la mostra di Keren Cytter. Ma in precedenza avevo già visto Danh Vo e Kippenberger, o esposizioni in partnership con il Mumok di Vienna e con la collezione Sammlung Goetz».
Che opinione si era fatto?
«A livello internazionale Museion è celebrato per i suoi programmi e per il fatto di offrire agli artisti un posto in cui poter esprimere la loro creatività e raccogliere le loro ambizioni, incoraggiandoli a produrre opere nuove, prendendoli come talenti emergenti e proiettandoli nel panorama artistico come nomi consolidati”.
E in questi mesi che idea si è fatto?
«Conoscendolo dall’interno sono rimasto impressionato da quanto l’istituzione sia dedicata a comunicare l’arte al pubblico e a creare uno spazio in cui i visitatori si sentano benvenuti. L’arte non è sempre così accessibile. A Museion già quando compri il biglietto qualcuno ti introduce all’esibizione e durante il percorso ti avvicinano per chiedere se hai domande o se possono raccontarti qualcosa in più. Non conosco altre realtà così attente al pubblico».
Cosa le piace dell’identità di Museion?
«Il fatto che sia sufficientemente ridotta da potersi permettere di coccolare i singoli artisti, dedicando a ciascuno spazio e attenzione, ma che al contempo abbia la capacità di essere un player ad alti livelli con rapporti internazionali».
L’esordio nella nuova sede, con la famosa «Rana crocifissa», scatenò furiose polemiche. Prevede di choccare il mondo dell’arte con la sua prima mostra?
«Quel passaggio fu decisivo per far parlare dell’istituzione, che nel frattempo è drasticamente cambiata e si è posizionata con una certa immagine. Ma anche il pubblico e la città di Bolzano sono cambiati e Museion è parte della realtà. Io vorrei continuare a lavorare nella direzione tracciata da Letizia Ragaglia».
In che rapporti è con l’attuale direttrice Ragaglia?
«Sono un suo grandissimo sostenitore. Ho molto apprezzato il suo lavoro e sono rimasto colpito dalle collaborazioni che ha saputo avviare portando il museo a un livello internazionale. Vorrei allargare ulteriormente il raggio d’azione spingendo Museion fino a New York e Singapore».
Qual è la sua priorità?
«In questo momento stilare con urgenza un programma di rilievo per la comunità artistica sudtirolese. Credo che sia sempre importante mettere la gente di fronte a domande che possono anche essere scomode, ma fanno crescere».
Vittorio Sgarbi, presidente del Mart di Rovereto, ha dedicato toni molto critici a Museion e all’attuale direttrice. Come si porrà nei suoi confronti?
«Voglio incontrare Sgarbi quanto prima: dovremo collaborare e consolidare una forte partnership tra i due musei di arte contemporanea del territorio. Allo stesso tempo le divergenze di opinioni sono positive perché fanno crescere. Non ho paura di Sgarbi: le sue parole rivelano passione per la sua missione».
Quali artisti vorrebbe portare a Museon?
«Ce ne sono moltissimi, ma la cosa più importante ora è ripensare all’istituzione a tutto tondo. Vorrei che fosse rilevante per il mondo dell’arte locale, per i visitatori del territorio e per i futuri partner regionali. Credo che questo richieda tempo e confronto con la gente per capire il contesto in cui dovrò muovermi».