Corriere del Trentino

Alex: «Non molleremo Serve tempo per la verità, ma siamo a buon punto»

Il marciatore di Calice segue l’udienza accanto a Brandstätt­er Donati: sistema medievale, gli fanno pagare le sue testimonia­nze

- Carmelo Salvo

Una selva di microfoni, telecamere e cellulari hanno accolto l’uscita del marciatore Alex Schwazer e del suo legale Gerhard Brandstätt­er all’uscita del parcheggio del tribunale. La nuova udienza del processo che vede protagonis­ta il marciatore di Racines ha portato a Bolzano numerosi cronisti sportivi e non, delle maggiori testate e television­i nazionali, che si sono aggiunti a quelli locali. Assenti, invece, sostenitor­i di Schwazer (assai attivi sul web) e nell’aula si sono affacciati, per alcuni minuti, solo due dipendenti del Tribunale.

«Non molleremo». Completo nero, così come nera è la camicia, l’atleta dell’alta val d’Isarco ostenta sicurezza, anche se nel suo volto si legge la tensione per questo incidente probatorio davanti al giudice Walter Pelino. «La mia sensazione — prosegue — è che siamo ad un buon punto, però sicurament­e non ci basta. A livello scientific­o noi vogliamo avere la certezza totale. Ci arriveremo. Non so se arriverà oggi o ci vorranno altri mesi. Sono tre anni che aspetto, posso aspettare ancora sei o sette mesi». Poi in merito all’udienza sottolinea: «È un passo decisivo perché viene presentata una perizia molto importante che mette nero su bianco che alcuni punti non sono spiegabili con la scienza. Poi deve decidere il giudice se basta o no, noi vogliamo la certezza totale, questo è il punto».

Richiamato dal suo avvocato, Schwazer lascia i giornalist­i ed entra in tribunale: nell’aula c’è già il suo allenatore Sandro Donati. Un veloce saluto e subito a sedersi a un tavolo dove l’atleta, il legale Brandstätt­er e gli altri consulenti della difesa vengono disturbati dalla luce del sole che, nel suo inizio di tramonto, picchia forte sui loro volti. Inutile spostare il pesante mobile, ma non molto tempo dopo Schwazer e gli altri scoprirann­o che sono più fastidiose e picchiano di più le domande al perito del tribunale dei consulenti e dei legali dell’accusa.

Donati è alcuni metri più indietro, nervoso, anche se non lo lascia a vedere, rimarrà seduto ben poco durante le oltre 5 ore di udienza. Ma è proprio questa tensione che, pochi minuti prima, gli dà la voglia di parlare ed è un fiume in piena. «Alex sta dimostrand­o il suo equilibrio e la sua dignità — sbotta —. Vuole arrivare alla verità. Dobbiamo andare avanti e arrivare alla fine di questa storia. Se si arriva alla fine io chiederò il risarcimen­to, ma mica finisce lì. Io dirò tutto, se qualcuno non mi mette una pistola in bocca prima, spiegherò tutto. Come ho sempre fatto nella mia vita». Donati ricorda come tutto era iniziato «La vicenda di Alex — spiega — è legata direttamen­te alla sua testimonia­nza contro due medici, quella testimonia­nza pesava. Ed è stata decisiva per la condanna. Sono stati condannati a due anni e ora inizia l’appello. E quindi è chiaro che bisognava far perdere la credibilit­à a Schwazer agli occhi del giudice». E giù ancora contro un sistema “malato”. «Qui — rimarca — non si tratta di una persona. È una catena di istituzion­i che sono solidali una all’altra. Un potere di cui voi avete un’idea vaga. Per molti il doping riguarda l’atleta «x», più o meno famoso. Ma è ben altro, un fenomeno che si è sviluppato e consolidat­o perché dall’altra parte c’era un sistema che non lo fronteggia­va in maniera adeguata».

E sullo sfondo del suono della campanella che preannunci­a l’arrivo del gip Walter Pelino, ancora un ultimo messaggio contro una situazione «medievale». «A mio modo di vedere — prosegue — la vicenda di Alex sarà un punto di riferiment­o dal quale inizierà una nuova discussion­e ed il sistema antidoping dovrà cambiare radicalmen­te. Basti pensare al fatto che attualment­e l’urina viene divisa in due flaconi e questi se li prendono tutti e due le istituzion­i che fanno il controllo. E all’atleta che cosa resta di garanzia? Sappiamo bene che ci sono atleti dall’alto valore economico che potrebbero essere oggetto di invidie o di interessi speculativ­i. Come si può pensare che uno sportivo non abbia garanzie in mano? È un sistema medievale».

L’allenatore

«Andremo fino in fondo, parlerò e dirò tutto se non mi mettono una pistola in bocca»

 ?? (Foto Rensi/Klotz) ?? Indissolub­ili In primo piano, davanti ad Alex Schwazer, l’allenatore Sandro Donati, antagonist­a del doping e convinto della innocenza del suo atleta
(Foto Rensi/Klotz) Indissolub­ili In primo piano, davanti ad Alex Schwazer, l’allenatore Sandro Donati, antagonist­a del doping e convinto della innocenza del suo atleta

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