Di Terlizzi e un film già visto «Prendono di mira Alex per dare la mazzata a Donati»
L’ex ostacolista nel 1997 vittima di test «falsificati»
BOLZANO Si incrina la voce ad Anna Maria Di Terlizzi: «Spero che Alex ottenga giustizia e verità. Lo spero di cuore». Forse nessuno come l’ex ostacolista azzurra può capire Schwazer. La Di Terlizzi il 26 gennaio 1997 fu trovata «positiva» alla caffeina, salvo essere assolta un mese dopo. Si sarebbe poi scoperto che all’Acqua Acetosa, allora laboratorio del Coni, avevano manomesso le provette. Anche la Di Terlizzi, come Schwazer, era allenata da Sandro Donati: «All’epoca colpirono me per colpire Sandro. Tre anni fa hanno invece voluto colpire entrambi: Alex e, ancora una volta, Sandro».
Come mai secondo lei?
«Alex fece incriminare due medici dopo la sua squalifica del 2012. Si era fatto dei nemici. Sandro, da sempre impegnato nella lotta al doping e al business internazionale che ne deriva, nemici ne ha sempre avuti. Ma rispetto al mio caso c’è una differenza».
Quale?
«Con me chi truccò le analisi era alle prime armi, con Alex è stato leggermente più bravo. Ma leggermente, io spero non sia stato così bravo da poterla scampare. Anche se, in fin dei conti, Alex non ha più due medaglie e Sandro è stato colpito moralmente».
Lei è legatissima a Donati.
«Lui dà fastidio ai poteri forti per la sua rettitudine e perché è intelligente e bravo. Ha allenato velocisti, mezzofondisti e marciatori che sono diventati campioni. Ha vinto pure nella scherma con Montano. Mi permette una battuta?».
Prego.
«Sandro ora sta dimostrando di essere pure un bravo avvocato e pure il miglior capo dei Ris di Parma. A lui puoi pure sparare con il bazooka, sopravvive comunque».
Cosa pensò quando il 22 giugno 2016 Schwazer fu trovato positivo?
«Che avevano colpito Sandro una seconda volta. Mi son detta: o mio Dio, ce l’hanno fatta di nuovo. Alex è stato un atleta molto coraggioso, con Donati si era rimesso in gioco dopo la sciocchezza di essersi “bombato” nel 2012. Al riguardo mi chiedevo sempre: com’è possibile che Alex abbia ceduto alla tentazione del doping con le capacità atletiche che ha?».
Si era data una risposta?
«Il fatto è che nell’atletica non si è più in grado di allenare, così è molto più semplice ricorrere alle scorciatoie».
Donati prende sotto la sua ala Schwazer nel 2015.
«Io ero perplessa. Sandro mi rispose: “È una sfida”. Nessuno pensava che Alex dopo la squalifica potesse tornare quello di prima, invece ci era riuscito. A Rio Alex avrebbe stravinto, per questo lo hanno fermato. C’è un episodio premonitore, al mondiale di Roma, che Alex vinse al suo ritorno alle gare».
8 maggio 2016, pochi mesi prima di Rio e qualche settimana prima della nuova positività.
«Pochi giorni prima della gara Sandro ricevette una telefonata da un suo amico che gli disse: “Sandro, io so che Alex a Roma vincerà, ma quel giorno non farlo vincere”. Fu un avvertimento amichevole, quella persona era cosciente che se Alex avesse vinto si sarebbero creati dei problemi. Se Sandro lo avesse ascoltato forse Alex non sarebbe stato squalificato e avrebbe vinto a Rio. O magari no, sarebbero stati capaci di giocargli qualche scherzetto pure lì».
Lei parla apertamente di complotto.
«Senza dubbio. Temo anzi che se anche Alex dimostrasse la sua innocenza, queste persone saprebbero girare la frittata. Spero non accada, spero che si possa fare giustizia».
Presunto movente «L’altoatesino fece incriminare due medici federali dopo la prima squalifica: ora il conto»