LA MEMORIA CONTRO L’ODIO
Contro l’antisemitismo c’è da lavorare sulle nuove generazioni. Ecco perché la «Giornata della Memoria» può diventare un antidoto per fermare odio e ignoranza.
namento delle ideologie nazifasciste; le mille possibilità offerte dalla «rete» quale strumento di diffusione anonima del pregiudizio prima e dell’odio poi; la facile retorica dei sovranismi che abbisognano di «colpevoli a buon mercato» per giustificare la loro stessa esistenza; fascinose parole d’ordine come «prima gli italiani»; la riproposizione di simboli, letterature e messaggi del vecchio fascismo e comunque un palese e percepito grado di impunità sono alcuni degli ingredienti con i quali, da tempo, vengonutrite, dalle politiche del populismo e delle nuove destre, schiere di giovani che vivono dentro dimensioni di emarginazione progressiva nelle grandi aree urbane e che ignorano molto, se non tutto, del passato, ritenendo, infine, di poter trovare nel «gruppo odiante» una risposta ai loro disagi e al loro bisogno di socialità, perché l’odio, appunto come l’amore, è un collante di straordinaria potenza.
È in quest’«humus» che hanno trovato alimento gli assassini della Sinagoga di Pittsburgh negli Stati Uniti; della moschea di Christchurch in Nuova Zelanda e adesso della Sinagoga di Halle, dove il partito sovranista e di destra «Alleanz für Deutschland» ha raccolto ben il 24% dei consensi alle ultime elezioni regionali. Gente «normale» e che, fino al giorno prima, non aveva dato alcun segnale di preoccupazione. Gente «normale», esattamente come lo furono quei milioni di tedeschi che assistettero impassibili all’esplosione dell’odio e al massacro dei loro connazionali, perché l’antisemitismo si abbevera alla «normalità»; perché si immerge e riemerge ciclicamente proprio nei luoghi e nelle realtà sociali meno appariscenti; perché il prototipo dell’antisemita, non è quello del fanatico Julius Streicher o dell’intellettuale Telesio Interlandi, ma quello del più normale Herr Müller o del signor Rossi che abita alla porta accanto.
Ecco perché queste tragedie sono difficili da evitare, quando vengono innescate, perché non esistono antidoti miracolosi e di immediato effetto.
Ciò che si può forse fare, in termini di prevenzione, è un forte investimento culturale sui giovani da un lato e una convinta opposizione all’archiviazione del passato dall’altro. Non è vero infatti che non c’è più necessità del «Giorno della Memoria», come di ogni appuntamento commemorativo e formativo; non è vero che «adesso è ora di smetterla con il passato e guardare avanti», così come non è vero che le definizioni di destra, sinistra e centro nella collocazione politica siano superate ed inutili. Esse incarnano invece principi, idee, valori e visioni del mondo diverse, distante ed anche opposte, nella consapevolezza che in questa contrapposizione dovrebbe vivere sola la democrazia e non anche le pericolose culture della sopraffazione e del suprematismo ariano.
Mentre si alzano dolenti le parole dello «Shemà Israel» per le vittime di Halle e di tutte le follie antisemite, altre parole vengono alla mente, quelle cioè di Primo Levi: «ricordatevi che se è già accaduto una volta, può accadere di nuovo».
La strage Quanto successo nella Sinagoga di Halle ci dice come sia sempre più indispensabile investire sulla formazione dei giovani