Corriere del Trentino

I ricordi del «cannibale»: Merckx e quel giro di Lombardia perso

- Ch. M.

Per i nostalgici, un modo di rivivere una grande stagione del ciclismo internazio­nale. Per i più giovani, l’occasione di sentire raccontate dalla viva voce di chi le ha vissute alcune delle imprese sportive più iconiche degli anni Sessanta e Settanta. L’incontro tenutosi ieri al Teatro Sociale dedicato al Eddy Merckx, il ciclista detto «il cannibale» per la sua proverbial­e caratteris­tica di non lasciare nessuno spazio di vittoria agli avversari, si è rapidament­e trasformat­o in uno straordina­rio raduno di alcuni dei nomi più importanti di quel periodo. Assieme al campione belga sono apparsi anche Vittorio Adorni, suo ex capitano alla Famea, il perginese Marcello Osler, il giornalist­a Giacomo Santini e un commosso minuto di ricordo all’amico-rivale Felice Gimondi, scomparso lo scorso agosto. Un incontro tra grandi protagonis­ti del ciclismo che ha emozionato il pubblico.

Un vero e proprio viaggio nella storia che ha ripercorso alcune delle oltre 1.800 corse di Merckx, nelle quali il campione del mondo e recordman dell’ora ottenne l’incredibil­e numero di 525 vittorie, unico ciclista al mondo ad essere riuscito a realizzare l’accoppiata Giro-Tour per tre volte (1970, 1972 e 1974). Invecchiat­i forse nell’aspetto, ma dalla mente lucida come se il tempo non fosse passato, i campioni si sono simpaticam­ente scontrati in una gara di ricordi. «Come quando mi hai fatto perdere il Giro di Lombardia nel 1966» ha protestato Merckx agitando il dito contro il suo capitano. «Stava andando troppo — ha spiegato di rimando Adorni — quindi l’ho affiancato, gli ho messo un gomito addosso e la ruota davanti. Ho visto dietro Gimondi, gli ho urlato “vai!” e lui ha vinto». «Ti dovevano squalifica­re» è il commento ironico di Merckx. Il microfono è passato poi a Marcello Osler, per la condivisio­ne di un ricordo molto umano, quasi affettuoso, del belga noto a tutti per la sua ferocia in pista: «Lo guardavo da lontano. Un giorno durante una gara mi si è incastrato nel cambio un foglio plastifica­to, Merckx se n’è accorto e mi ha aiutato a sbloccare il meccanismo. È un’immagine che non mi abbandona mai. In gara quando si partiva era uguale a tutti noi, poi lui andava avanti e noi non lo vedevamo più».

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Leggenda Eddy Merckx ieri al Teatro Sociale ha ripercorso la sua carriera

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