«Musica senza etichette» Gli esperimenti dei 5K HD
Il 26 il gruppo austriaco che si ispira ai Radiohead e a Björk si esibirà sul palco del Pop Festival di Caldaro: «Il nostro sound? Va dalla cinematica alla trap»
Gli austriaci 5K HD saranno il 26 ottobre uno dei nomi di punta del Kaltern Pop Festival a Caldaro al Lago. La band formata da Mira Lu Kovacs (voce), Benny Omerzell (tastiere), Manu Mayr (basso), Martin Eberle (tromba) e Lukas König (batteria) ha appena pubblicato il secondo album High Performer, uscito a settembre su etichetta FiveK Records/Rough Trade. Un disco più ponderato rispetto all’esordio di And To In A (2017), che aveva rivelato al pubblico questi cinque giovani musicisti in grado di creare atmosfere che spaziano dal pop al jazz, tra innovazione e virtuosismo. Sul palco sono una vera e propria forza della natura, fautori di un genere difficilmente classificabile, un continuo esperimento tra il pop e la musica da camera, tra il jazz e l’elettronica. Tornano in Alto Adige dopo la partecipazione di questa estate al Sudtirol – Alto Adige Jazz Festival. Per informazioni sul programma: www.kalternpop.de.
Quali sono le principali differenze tra “High Performer” e il vostro album di esordio?
« Il primo disco è nato in modo spontaneo: abbiamo cominciato a scrivere la prima canzone e non siamo più riusciti a fermarci. Per il secondo avevamo un progetto più chiaro: dopo un tour di quasi due anni abbiamo imparato molto. Così abbiamo voluto utilizzare la nostra spontanea compatibilità per scrivere in modo più specifico per noi. Il nostro bassista Manu si è assunto il ruolo di direttore musicale per tenere sotto controllo ogni aspetto nel processo creativo di questo disco. Anche il nostro produttore Max Walch ha avuto un ruolo importante. Crediamo di aver gettato un altro ponte tra la musica cosiddetta sperimentale e quella pop».
Come definireste la vostra musica?
«È forse una delle domande più difficili. Proviamo a inquadrarla con cinque parole chiave: cinematica, elettronica, trap, dub e pop 2019».
Quali i vostri modelli nel campo della musica elettronica?
«Cosa si intende per musica elettronica? Quando non ci sono strumenti sul palco? Per quanto riguarda i musicisti o le band che utilizzano molti elementi elettronici siamo indubbiamente stati influenzati da James Blake, Björk, Bon Iver e naturalmente i Radiohead».
Cosa differenzia le vostre esibizioni live dai dischi in studio?
«C’è una grossa differenza. Non tanto perché suoniamo le canzoni in modo diverso, ma è l’esperienza che cambia ed è molto intensa. Noi cerchiamo di far suonare il luogo dove ci esibiamo, interagendo con l’energia che il posto ci trasmette. Abbiamo bisogno di tradurre la nostra musica ovunque andiamo e questo è possibile solo attraverso una sintonia con il pubblico e tra noi della band. Forse per questo i nostri concerti risultano particolarmente intensi. In ogni caso lasciamo sempre un po’ di spazio per l’improvvisazione, ma non come avviene nel jazz».
Che ricordi avete della vostra partecipazione al Sudtirol Jazz Festival?
«Ricordiamo bene il concerto al Laurin Park di Bolzano. C’era una piscina coperta vicino a noi, che è stata fonte di ispirazione per la nostra esibizione».