«L’oro olimpico? Quasi impossibile ma è il mio sogno»
Oggi il velocista dialogherà con Livio Berruti
Tra sogno e realtà. Filippo Tortu a 21 anni ci si trova in mezzo, un po’ come nella canzone di Ligabue. Il velocista milanese, dal 2018 primatista nazionale nei 100 metri, è reduce da uno storico settimo posto nei 100 ai mondiali di Doha. Ma lui guarda già a Tokio 2020: «L’oro olimpico? Credo sia impossibile, ma parto comunque per raggiungerlo».
Per intanto un oro olimpico vero della velocità Tortu ce l’avrà accanto oggi, a Trento: Livio Berruti. Insieme parleranno del passato e presente dell’atletica (ore 17.30 sala Depero).
È così difficile una medaglia a Tokyo?
«Sì, probabilmente è impossibile arrivare a una medaglia, ma io ci voglio provare».
Al mondiale ha ottenuto in risultato storico per l’Italia. Ci ripensa ogni tanto?
«Certo, è stato un mondiale bellissimo. Ho raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato, la finale. Ed è stato ancora più bello raggiungerla dopo essere andato male in batteria, perché sono stato bravo a ritrovare me stesso in semifinale. Il problema è un altro...».
Quale?
«Che non riesco a godermi a lungo i risultati. Ora sono in vacanza, pensavo di staccare un po’ e già penso al prossimo anno».
E qui si torna alle Olimpiadi.
«Per uno che fa atletica leggera è la manifestazione simbolo. Partire sconfitti però non è l’atteggiamento corretto, per questo mi allenerò pensando che posso vincere».
Parte dai 10’’07 di Doha.
«Non penso a quello. Mondiali e Olimpiadi sono corse simili come difficoltà, ma ogni gara fa storia a sé e i tempi dipendono da tanti fattori. Un anno fai 10’’03 e vinci il mondiale, a Doha con quel tempo non arrivavi in finale. È tutto relativo”.
Gli atleti di colore primeggiano ancora sui 100 metri.
«Sono predominanti a livello numerico e i favoriti, ma non deve scattare l’alibi. Per me ogni avversario è uguale e poi l’atletica ha due cose meravigliose».
Quali?
«La prima è che corri contro te stesso, gli avversari in quel momento non li guardi».
La seconda?
«Hai una sola possibilità e te la giochi in pochi secondi. È eccitante».
Ha battuto il record di Mennea. Ora già fioccano i paragoni.
«Essere paragonati al più grande atleta della storia dell’atletica leggera è un onore, mi rende felice e mi stimola a dare il meglio».
Non sente la pressione?
«No, vivo le cose in maniera spensierata».
La fatica invece quelli come voi la sentono eccome.
«La fatica c’è, ma è compensata dalla felicità e dalla passione che trovo nel correre. Poi questo era il sogno che avevo da bambino».
Come si diventa veloci?
«Ci nasci veloce. Io lo ero già a sei anni. Poi però devi metterci tanto lavoro e allenamento costante. Il talento da solo non basta».
L’ha messa in pista suo padre, Salvino Tortu, oggi suo allenatore?
«Sì lui ha inciso tanto, è stato importante allora e lo è oggi come allenatore».
Come è essere allenati dal papà?
«Sono molti di più i pro dei contro, io mi trovo benissimo. È un ottimo tecnico e questo è il requisito fondamentale».
Com’è l’atletica oggi?
Il messaggio
Senza il lavoro non vai da nessuna parte, il talento da solo non basta. Serve allenamento costante
«Un altro sport rispetto al passato. Si sono abbassati i tempi e sono aumentate le nazioni che vi si avvicinano e di conseguenza anche i talenti. A livello organizzativo in Italia è una disciplina in salute. L’unico neo, se vogliamo, è che ci sono pochi impianti indoor».
Il calcio vuole togliere le piste anche dagli stadi...
«Ma di impianti scoperti ne abbiamo tanti, basta che le piste rimangano in alcuni grandi stadi come l’Olimpico e il San Paolo. Negli altri possono pure toglierle. E poi così una partita si vede meglio. Ognuno può stare a casa sua».
È già Cavaliere del Lavoro. Il Cavalier Tortu.
(ride)«Per me ricevere un’onorificenza del genere è stato più emozionante di tutte le medaglie vinte. Sono molto patriottico».
È vero che ascolta Battisti e Patty Pravo prima delle gare?
«Sì, mi rilassano e io devo rilassarmi prima di correre. Ma mi piace anche la musica di oggi. Ascolto ogni genere».