«Umiltà e paura di perdere, così è nato il mito Ferrari»
Jean Todt parla dell’amico Schumi: a Suzuka gli dissi che tutto sarebbe cambiato
«Vincere è difficile, ma riuscire a ribadire una vittoria è ancora più difficile». Parola di Jean Todt, che in quel quinquennio straordinario, dal 2000 al 2004, era a capo della scuderia Ferrari più forte di sempre. In collegamento da Bruxelles, il presidente della Federazione internazionale dell’automobile (Fia) si è unito ieri pomeriggio al racconto del mito di Micheal Schumacher, celebrato all’auditorium Santa Chiara sul palco del Festival dello Sport. A rendere omaggio a Schumi, i suoi compagni di viaggio. Dal pilota Eddie Irvine alla sua manager storica Sabine Kehm, passando per Stefano Domenicali, a quell’epoca direttore sportivo.
La Ferrari è l’unica scuderia che ha sempre partecipato al Mondiale di Formula 1, vincendo con motori alloggiati all’anteriore della vettura e poi al posteriore, con aspirati e ibridi con 6,8,10 e 12 cilindri. Ma la sua epoca di maggiore successo l’ha attraversata nel decennio scorso quando, dal 2000 al 2004, ha conquistato 10 titoli iridati, divisi tra piloti e costruttori. Un’era che ha avuto come protagonista assoluto Michael Schumacher, che proprio quest’anno ha compiuto 50 anni. Ieri, quella Ferrari è tornata a riunirsi al Festival dello Sport di Trento. «Ora ci ritroviamo a parlare di quelle grandi vittorie, ma in quegli anni abbiamo sempre avuto paura di perdere — ha ricordato Jean Todt, ex direttore generale della scuderia Ferrari — Abbiamo sempre lavorato in ogni dettaglio con grande umiltà, senza mai dare niente per scontato». Una tenacia, una scrupolosità e soprattutto una caparbietà che in gran parte derivava dall’approccio estremamente professionale e dal metodo di lavoro rigoroso che contraddistingueva Micheal Schumacher. «Quando mi sono misurato con Michael ho capito subito che aveva qualcosa di straordinario — ha raccontato Luca Badoer, dal 1998 al 2010 nel ruolo di pilota collaudatore della scuderia Ferrari — Prendeva continuamente appunti ed esigeva meticolosità da parte di tutti. Allo stesso tempo, però, riusciva a fare squadra e a costruire un ambiente familiare».
Eppure prima di entrare nella mitologia della Formula 1, Schumacher trascorse quattro anni, dal 1996 al 2000, a lavorare su una Ferrari che non riusciva a ritrovare la via del successo. Allora, il suo compagno di squadra, il primo a Maranello, era Eddie Irvine. «Ogni anno ho visto una persona determinata e costante. Tutti i team lo cercavano ma lui voleva fare qualcosa di grande per la Ferrari — ha svelato l’ex pilota irlandese, richiamando alla memoria il suo primo incontro con Schumi in pista — Avevo seguito questa persona per uno, due giri e quando sono rientrato al pit stop ho chiesto se qualcuno lo conoscesse. Non avevo mai visto una cosa del genere. Senza ombra di dubbio è stato il pilota più veloce di sempre». Poi tutto iniziò dal Gran premio del Giappone sul circuito di Suzuka nel
Irvine
Michael è stato certamente il pilota più veloce di sempre
La manager
Non ha mai mancato un pensiero o un regalo per gli amici più cari
2000 quando Micheal Schumacher vinse il primo titolo con la scuderia rossa, riportando il mondiale in Ferrari dopo quasi vent’anni di attesa. «Al termine di una gara tiratissima lui continuava a gridare “We did it, we did it!” — riprende Jean Todt in collegamento da Bruxelles - Quello è stato il mio momento più importante della mia carriera sportiva e professionale. Sul podio gli dissi: “Da oggi nulla sarà come prima”. E così fu. Non si fermò più nella sua cavalcata verso la storia della Ferrari e della Formula 1». Dopo aver vinto sette mondiali nella sua carriera, Micheal Schumacher si ritirò poi definitivamente nel
2012 e l’anno seguente fu quello del drammatico incidente con gli scii durante una discesa in un fuori pista sulle nevi di Méribel, in Francia. Da quel momento in poi la famiglia e la sua manager Sabine Kehm hanno mantenuto il totale riserbo sulle condizioni di salute del pilota tedesco. «Devo dire che Micheal in generale si è sempre occupato degli altri — ha detto la sua portavoce storica — Lui era sempre interessato nei confronti di tutte le persone. Ricordo che dedicava molto tempo a pensare ai regali da fare alle persone che lo circondavano in occasione dei compleanni». Alla riunione di famiglia non poteva mancare il figlio del fondatore dell’azienda Ferrari, Piero Ferrari, che ha ricordato Schumi «quando una sera, a casa mia, bevemmo un buon vino rosso».