È TEMPO DI PATATE TRA NERUDA E I COLORI DI VAN GOGH
Chi, in questo periodo circola per le nostre strade e autostrade potrà accorgersi che il traffico, con provenienza dal nord, è veramente di molto aumentato. Circolano macchine in completo assetto di vacanza, famiglie intere con bambini, e come si diceva un tempo, armi e bagagli. Eppure, a parte la temperatura, variabile, un giorno caldo, uno freddo, non è tempo di vacanze, almeno non per i bambini, che da noi, vanno a scuola. Invece nei Paesi di lingua tedesca come la Germania, l’Austria e anche la Svizzera, si festeggiano, in queste settimane di ottobre, le cosiddette Kartoffelferien, le ferie per le patate. L’usanza risale a quando i bambini delle famiglie contadine dovevano aiutare i genitori nella raccolta delle patate, elemento vitale per l’alimentazione della famiglia. Nonostante il cambiamento di tempi e dei costumi, le ferie sono rimaste.
«Ode alla papa», scriveva Paolo Neruda facendone gli elogi come compagna della tavola, assieme al pane, al pomodoro, alla cipolla, al carciofo e alla castagna, all’olio, al limone, alla prugna e alla mela. Da cileUna no, Neruda sapeva che gli altipiani andini sono la patria della patata e le popolazioni di quelle terre la conoscevano già da forse 8.000 anni, facendone la principale fonte del loro sostentamento. Alla patata era dedicata una divinità, Axomama, che veniva venerata quasi come Pachamama, la Grande Madre Terra. Nelle tombe preincaiche si sono scoperte ceramiche di significato religioso a forma di patata. Dopo la scoperta dell’America, i navigatori spagnoli e inglesi portarono con loro in Europa non solo l’oro razziato alle popolazioni indigene, ma anche piante meravigliose a loro sconosciute, molto spesso senza rendersi conto dell’uso che di queste piante veniva fatto nel Paese d’origine. Fra queste piante ci fu la patata. Arrivata in Europa cambiò ruolo e da fonte nutrizionale divenne curiosità vegetale da coltivare in giardini e orti botanici e dei suoi fiori si facevano ornamenti e motivi da riprodurre su sete e broccati o sulle porcellane.
A proposito dell’arrivo in Europa, alla «storia» si affiancano molte leggende. di queste racconta che una cassa piena di patate, persa da una nave naufragata, approdò in Irlanda dove venne raccolta e seminata, facendo dell’isola la culla delle patate.
Come spesso accade a chi diventa famoso, il viaggio della patata si trasporta dalla tavola alle tavole degli artisti. Nel 1859 il francese Jean-Francois Millet dipinge L’Angelus, una donna e un uomo in preghiera su un campo di patate. E poi c’è Segantini con la sua Sbucciatrice di patate, Van Gogh con I Mangiatori di patate e la Donna che semina patate, solo per nominarne alcuni tra i più noti.
Noi poi, abitanti del Trentino e dell’Alto Adige, siamo famosi come «mangiatori di patate». I nostri libri di cucina portano mille ricette e mille modi di prepararle. Parlando di qualità, le migliori vengono dalla Pusteria e dalla val di Gresta, ma ottime patate le abbiamo in val di Non, in val Sugana, nel Lomaso e ogni bravo contadino di montagna ha il suo campetto in ogni valle.