Serhat, il cantante curdo scappato verso la libertà
Il cantante curdo vive a Rovereto. Domani il presidio di protesta con Anpi, sindacati e il Bruno
TRENTO «Perché io, curdo, sono scappato dalla Turchia? Semplicemente perché volevo una vita libera. Essere curdo in Mesopotamia è sempre stata dura. Se poi sei un artista, un musicista come me, ancora di più». Serhat Akbal, 37 anni, turco di origine curda di Silopi, da nove anni vive in Italia, da sei è stabile a Rovereto dove, dopo l’esperienza in cucina, segue le sue passioni — fotografia e musica — lavorando per privati ed ente pubblico. Preoccupato per l’offensiva lanciata martedì da Erdogan nel Nord della Siria controllato dai curdi delle Forze democratiche siriane, che hanno avuto un ruolo cruciale nella sconfitta dell’Isis, lancia l’appello: «Fermare Erdogan. Lui non lo farà mai. Serve l’intervento dell’Europa, della comunità internazionale», dice Serhat, preoccupato per i suoi genitori, il fratello e la sorella lasciati in Turchia, trasferiti l’anno scorso più a Nord, «ma mai al sicuro», dice.
Domani al presidio promosso dal Centro sociale Bruno, alle 17 in piazza Pasi, assieme ai sindacati, all’Anpi, il Centro Astalli, il Forum trentino per la pace, i rappresentanti del Pd trentino, ci sarà anche lui. I sindacati, nella nota unitaria, tuonano contro la Turchia: «I curdi sono stati prima usati per combattere contro i fondamentalisti dell’Isis e ora sono lasciati soli di fronte all’attacco della Turchia — dicono Cgil, Cisl e Uil — artefici di tutto questo gli Stati Uniti che hanno ritirato i soldati dal confine turco-siriano dando il via libera all’esercito turco. Un tradimento che sta costando molte vite umane. L’Europa e l’Italia non possono restare in silenzio di fronte a quanto sta accadendo in Siria, non si può cedere al ricatto di Erdogan scegliendo di non vedere l’oppressione di un popolo solo per tenere lontano dai propri confini profughi e rifugiati».
«È una situazione molto pericolosa, c’è il rischio che si inneschino altre guerre — spiega Serhat che si tiene costantemente informato sulla situazione — serve fermare Erdogan: è una guerra sporca, la Siria è stata lasciata sola. Basta morti e innocenti». E poi parla della Turchia: un Paese dove non c’è libertà, «c’è sempre il coprifuoco, ed essere curdo, anche se è meglio rispetto ad esserlo in Siria perché almeno abbiamo diritto alla cittadinanza, è sempre una vita restrittiva. Siamo stranieri a casa nostra: una
La famiglia Aspetto di poter tornare per vedere mio padre: sta male
tragedia». Specialmente se sei un cantante, aggiunge: «Sono finiti in prigione personaggi famosi, cantanti che si esibivano in curdo, giornalisti, attori. Figuriamoci gli altri come me: non potevo pronunciare certe parole, come amore: per tutto questo sono scappato». Dopo il liceo, Serhat ha cominciato il Conservatorio, poi ha lavorato come doganiere alla frontiera IraqTurchia per 8 anni, ma poi ha lasciato il Paese. Ora prosegue con il suo amore per la musica — canta e suona il «saz» (strumento turco-iraniano) — con alcune formazioni trentine e si occupa di servizi fotografici per enti pubblici e privati. «In attesa della cittadinanza italiana — aggiunge — vorrei tornare a casa per andare a trovare i miei genitori, mio padre è malato, ma come rifugiato politico non posso». Domani, intanto, sarà a Trento per smuovere l’Europa e la comunità internazionale, come auspicano i sindacati, «affinché intervengano con misure efficaci per fermare la Turchia attraverso un’azione diplomatica per una soluzione pacifica che rispetti i curdi e i diritti umani».