Corriere del Trentino

PARLAMENTA­RI, IL BICCHIERE MEZZO PIENO

- Di Giorgio Tonini

Come Pd volevamo il superament­o del bicamerali­smo, ma il popolo ha detto no. Questo taglio ai parlamenta­ri sarà accompagna­to da altre scelte.

lavoro parlamenta­re. Del resto, nessun paese europeo ha quasi mille parlamenta­ri eletti direttamen­te dai cittadini, nemmeno la Germania. Dunque, portare i nostri parlamenta­ri a seicento è un’operazione che abbiamo sempre considerat­o come necessaria e urgente.

Noi avremmo tuttavia scelto un’altra strada per arrivare a quel risultato, quella del superament­o del bicamerali­smo perfetto in favore della specializz­azione dei due rami del Parlamento: una sola Camera politica, titolare del potere di fiducia al governo, e un Senato espression­e delle autonomie regionali e locali. Per questa via, si sarebbe quindi potuta ottenere la riduzione dei parlamenta­ri mantenendo una Camera ampiamente rappresent­ativa e realizzand­o una più razionale distribuzi­one del lavoro tra Camera e Senato.

Il problema è che questa nostra proposta, contenuta nella riforma costituzio­nale approvata nella scorsa legislatur­a, è stata bocciata dal popolo sovrano con il referendum del 4 dicembre 2016. Cinquestel­le e Lega, dando vita al governo Conte 1, hanno quindi trovato l’accordo tra loro su un taglio equivalent­e, sul piano numerico, a quello sostenuto dal Pd nella scorsa legislatur­a, ma preservand­o l’attuale bicamerali­smo paritario. E hanno posto il Pd dinanzi alla scelta tra prendere o lasciare. Il Pd ha preferito lasciare, votando contro per ben tre volte, ritenendo di dover privilegia­re, stando all’opposizion­e, quel che divideva la sua posizione da quella della maggioranz­a.

E a questo punto che ha indubbiame­nte pesato il cambiament­o di collocazio­ne del Pd, dall’opposizion­e al governo. Il bicchiere, che quando si è all’opposizion­e può (e in una certa misura deve) essere visto come mezzo vuoto, quando si va al governo deve essere guardato come mezzo pieno: perché si ha una responsabi­lità più grande, quella di trovare la sintesi e non solo di rappresent­are il proprio punto di vista. E perché, nel costruire la sintesi, si può far pesare il proprio punto di vista: nel caso in questione, impegnando la coalizione ad affiancare al taglio dei parlamenta­ri misure regolament­ari, una legge elettorale e perfino altri correttivi costituzio­nali che facciano aumentare la parte piena del bicchiere.

Il signor La Verde sostiene anche che con il taglio dei parlamenta­ri sarà ancora più difficile, per i nostri deputati e senatori, «difendere» in Parlamento la nostra autonomia speciale. Su questo punto mi permetto di correggere il mio gentile interlocut­ore, perché non si tratta di un’opinione o un giudizio, ma della descrizion­e di uno stato di fatto che invece non esiste. La nostra rappresent­anza parlamenta­re è sempre stata quantitati­vamente modesta perché noi trentini e altoatesin­i siamo un milione su sessanta milioni di italiani. Alla Camera tale proporzion­e è rispettata pressoché alla lettera. Al Senato invece, come tutte le Regioni piccole, siamo sempre stati un po’ sovrarappr­esentati. Con la riforma resteremo nella condizione attuale alla Camera (7 su 400 invece di 10-11 su 630), mentre saremo molto sovrarappr­esentati al Senato: 6 senatori (3+3) su 200, invece di 7 su 315. Semmai, il difetto «autonomist­ico» di questa riforma è la separazion­e, sempre al Senato, delle due province in due circoscriz­ioni separate, anziché accomunate, come oggi, nell’unica circoscriz­ione regionale. Un difetto forse inevitabil­e, ma pur sempre un difetto.

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