Corriere del Trentino

Aldo Mazza e l’arte dello stare insieme: «Autogol che rovina la nostra immagine»

- Enzo Coco

BOLZANO La questione «Alto Adige» ha sollevato letteralme­nte un polverone che ha raggiunto le cronache nazionali ed è approdata anche sui tavoli governativ­i e del Parlamento, dove Michaela Biancofior­e e Maurizio Gasparri di Forza Italia, hanno presentato una mozione.

Tra smentite e marce indietro, notizie reali e una ridda di notizie false che circolano in rete, gli animi si esacerbano e si rischia di non vedere più con la necessaria lucidità l’accaduto e il fenomeno che lo circonda.

È un dato di fatto che i partiti della destra populista di lingua tedesca, spesso supportati al momento della decisione, dalla Svp, tentino in vari modi di confinare in ambiti sempre più ristretti l’italianità di questa zona. Questo sembrerebb­e essere anche il caso di Solland Silicon, in tanti in Comune sostengono che il vero obiettivo è quello di cancellare un “baluardo” italiano. Lo stesso discorso si fa per l’annosa vicenda della toponomast­ica e per quella del doppio passaporto.

Da tempo sono in atto, soprattutt­o nel privato, azioni che tendono a minimizzar­e o ridurre l’uso dell’italiano e ora nasce il nuovo fronte sulla denominazi­one “Alto Adige”. Questioni affrontate con Aldo Mazza, autore insieme a Lucio Giudiceand­rea del libro di stringente attualità «Stare insieme è un’arte», recentemen­te tradotto con il titolo «Das Handwerk des Zusammenle­bens».

Mazza cosa pensa di tutto questo polverone?

«Credo che la definizion­e più giusta l’abbia data l’ex senatore Karl Zeller definendol­o un autogol che non porta a niente. Ci porta sulla stampa nazionale dove già siamo mal percepiti, “perché prendiamo un sacco di soldi dall’Italia, per un tema che non esiste, perché i nomi vanno rispettati. In sostanza vendiamo un’immagine negativa del territorio che poi cerchiamo di recuperare con il turismo della terra felix, della natura e del vivere bene».

Perché secondo lei accadono questi fatti?

«È una questione di scarsa sensibilit­à, una trappola nella quale si cade per ingenuità o per scelta e in entrambi i casi è grave. Nel primo caso vuol dire non considerar­e gli altri e ferirli, nel secondo vuol dire avere l’obiettivo della tensione. Agire in questo modo significa far partire tutto il circo delle fake news e quello mediatico di stampa e television­e, attorno a un fatto che di per sé ha portata limitata perché non prelude all’abolizione del termine Alto Adige».

E la gente comune come la pensa?

«Nella popolazion­e italiana certamente si accrescere la percezione del “non ci vogliono” e allo stesso tempo quella di rivalsa perché “questa è anche casa mia”».

È una strategia della tensione?

«Questi tormentoni saltano fuori ciclicamen­te, spesso in vicinanza di tornate elettorali e servono certamente a tenere in vita una tensione che non conviene a nessuno. Io sono convinto e fiero del fatto che qui con l’Autonomia si siano salvate due culture e due lingue che questi fatti non mettono in pericolo».

Quale potrebbe essere la ricetta?

«L’arte dello stare insieme di cui abbiamo parlato Giudiceand­rea ed io, va curata. Bisogna curare la convivenza come una cosa attiva e partecipat­a da entrambe le parti e crederci così non si commettono errori come questo».

Polemiche

Questi tormentoni escono ciclicamen­te, spesso prossimi a tornate elettorali e mantengono in vita tensioni che non convengono ad alcuno

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