«Trap suono della crisi» Carozzi e l’altra musica
Lo scrittore nell’«Età della tigre» indaga il genere amato dalle nuove generazioni. Tre presentazioni in regione. E ad Arco arriva il trentino Koflah
Lo scrittore Ivan Carozzi sarà in regione per presentare il suo ultimo libro L’età della tigre, edito dal Saggiatore. Un libro che fin dal titolo allude alla trap, il genere musicale più in voga tra le giovani generazioni. Il giornalista e autore televisivo toscano sarà domani all’Osteria Da Picchio di Bolzano (ore 19.30), venerdì alla Libreria Due Punti di Trento (ore 18.30) e sabato aprirà l’evento «Where’s The Music?» della rassegna «Generazioni» al Cantiere 26 di Arco (ore 18.30) in dialogo con il musicista trap Marco Koflah. Un libro che si addentra nelle pieghe del genere musicale diventato fenomeno di costume e di cui abbiamo parlato con lo stesso autore.
Cosa pensa della musica trap e qual è stato il suo primo approccio?
«Credo che la trap rappresenti una brusca accelerazione rispetto alle forme tradizionali della nostra storia musicale. Ecco perché da parte del pubblico più adulto, al quale io stesso appartengo, questo nuovo linguaggio è avvertito come un salto nel vuoto, un trauma, una cesura rispetto al passato e a ciò che consideriamo come nostro e famigliare. Il mio approccio è stato di grande curiosità e interesse».
Come valuta questo fenomeno?
«Ritengo che sia un fenomeno musicalmente nuovo, eccitante, in continua evoluzione e di estremo interesse dal punto di vista sociale, per il tipo di input, ambizioni e affermazioni di cui si fa portatore, e per i luoghi, i contesti familiari, urbani ed economici in cui si è venuto a formare».
Quali sono a suo avviso le caratteristiche più rappresentative del trap italiano?
«A volte mi capita di sentire sapori latini e mediterranei in un pezzo e allora percepisco lo sforzo d’innestare un genere non autoctono dentro un’altra storia e tradizione. Piuttosto mi sembra di avvertire delle differenze tra città: la trap che viene da Roma, rappresentata ad esempio dai Dark Polo Gang, mi sembra più cupa, tossica e stradaiola».
Come ha strutturato “L’età della tigre”?
«L’età della tigre è una ricerca che parte dalla trap, se ne allontana, torna continuamente sulla trap e con la trap si chiude. Tra una pagina e l’altra mi sono permesso la libertà meravigliosa di divagare e approfittare dei tanti possibili spunti contenuti nella trap per poter evocare il luogo in cui vivo, cioè Milano, e parlare di diversi incontri umani, del mio lavoro e delle mie paure. La trap è il suono del presente imprigionato, della crisi, della fine del welfare, del mondo dove non c’è più il lavoro e della specie umana posta di fronte alla possibilità dell’estinzione. Tutti temi che vivo, m’interrogano e mi riguardano personalmente. Più che a una struttura vera e propria, preferisco pensare il libro come un unico pezzo fibroso e organico, un succo denso tutto concentrato in un solo contenitore. Forse è per questo che tanti lettori mi dicono di aver letto il libro in poco tempo».
Avrà forme particolari l’incontro di Arco?
«In quel caso ci sarà un giovane musicista locale come Marco Koflah, oltre alla moderatrice Claudia Boscolo: sinceramente non vedo l’ora».