Bonell, bellezza e orrore
La mostra Alla Lanserhaus di Appiano le opere dell’artista che affronta l’animo umano tra enigmi e inquietudini
Il ritrattista e paesaggista altoatesino indaga la natura e i grandi temi della vita
Un ritrattista e paesaggista che entra nei soggetti, li scava, si sofferma sulle lacerazioni. Non cieli azzurri o panorami dagli ampi orizzonti. Non volti sorpresi in un’espressione di quiete. Neppure di sospensione o di assenza. Tutto sembra materia palpitante che suscita inquietudine, incapace di sottrarsi a un’inesorabile discesa verso il basso, dove regnano caducità, morte, istinto, dove i paesaggi naturali si frammentano, diventano irriconoscibili, avvicinandosi all’astrazione.
Un’indagine attorno alla natura dell’essere umano, attraverso la corporeità: è questo il cuore dell’estetica di Gotthard Bonell, l’artista altoatesino (nato a Trodena nel 1953) nella mostra Bonell inaugurata alla Lanserhaus del Comune di Appiano sulla Strada del Vino.
Visitabile fino al 17 novembre, curata da Günther Oberhollenzer in collaborazione con Robert Bosisio, la mostra offre un accurato sguardo sull’universo artistico di Bonell, i cui primi dipinti risalgono a quasi cinquant’anni fa. Tra le sue opere più recenti, i ritratti di Papa Benedetto XVI per il Museo Diocesano Hofburg di Bressanone (2010), di Dieter Karner, Presidente del Musikverein di Vienna (2013), dell’ex-presidente della Giunta provinciale Luis Durnwalder, commissionato dalla Provincia di Bolzano (2016).
«In fondo, nei lavori di Bonell palpitano i grandi temi della vita - spiega il curatore Oberhollenzer -: sensualità e piacere, bellezza e orrore. Ci troviamo di fronte a un artista che investiga se stesso incessantemente, che disegna e dipinge per prendere coscienza di sé e della vita in maniera sempre nuova. Interessato alle questioni fondamentali dell’arte e dell’esistenza umana, le affronta in maniera intima e appassionante a livello emotivo, ma al contempo enigmatica e conturbante».
Un nucleo di lavori degli ultimi decenni si intreccia ad altri più recenti negli spazi della Lanserhaus, illustrando da un lato la continuità della ricerca di Bonell, dall’altro il suo continuo arricchirsi e aprirsi a stimoli molteplici e sempre nuovi.
«Punto di partenza della sua indagine è sempre la persona, il paesaggio, l’oggetto concreto – riprende il curatore -. Ho scelto di sviluppare il percorso espositivo attraverso ambiti tematici che si soffermano sulle caratteristiche di fondo dei suoi lavori, affidandoli a titoli quali: Pelle e lacci, Oggetti ritrovati, Sembianze umane, Silenzio e caducità, Paesaggio naturale, Metamorfosi e dissolvimento».
Definizioni che non intendono stabilire delle categorie, ma proporre al pubblico chiavi interpretative attraverso cui orientarsi nelle sale della mostra. «I paesaggi e i corpi fluiscono fino a confondersi. Tutto si dissolve. I confini tra figurazione e astrazione, tra gesto pittorico e oggetto figurativo, ancora riconoscibile, si mescolano – dice -. La pelle e il corpo umano sono feticcio e ossessione erotica, gli strati sottostanti diventano paesaggi interiori, delicati e indistinti. Imprigionato da lacci e quasi deformato fino a essere irriconoscibile, il corpo si rende autonomo e si dissolve, mentre nei volti l’aspetto contemplativo si unisce a malattia e mortalità». Anche nei ritratti dei personaggi più noti l’attenzione va alla natura della persona rappresentata, mentre il suo ruolo pubblico scivola in secondo piano. I colori della pittura di Bonell sono spesso autunnali, percorrono tutte le sfumature degli ocra e dei marrone, i colori della terra che sembrano salire e diventare anche quelli del cielo. Nel paesaggio di Fine inverno, ad esempio, lame di ghiaccio spiccano tra gli avvallamenti, ultimo residuo di una stagione che, proprio come neve, sta per dissolversi. Anche la Luce del tramonto non invita a sostare: sembra ferire la montagna come uno squarcio, mentre la restante parte del massiccio è già avvolta dalle ombre della sera. Il Crepuscolo degli dei, poi si confonde in una massa indistinta, forse un immenso mare nero tra le cui onde mortifere naufraga il mito. La presenza della natura, della sua forza, del suo fascino quasi primordiale investe lo sguardo.
La maggior parte delle opere di Bonell è «senza titolo»: vediamo sfilare un’umanità composita che fissa i suoi occhi nei nostri, ci interroga. Sono sguardi che portano impresse le stesse lacerazioni del paesaggio. Altre volte sono agglomerati indistinti, monotonali, mentre di recente emergono sempre più elementi vicini al collage.
La poetica
I paesaggi e i corpi fluiscono fino a confondersi. I confini tra gesto pittorico e oggetto figurativo si mescolano. La pelle e il corpo sono feticcio e ossessione
I colori Sono autunnali, percorrono tutte le sfumature dell’ocra e del marrone, i toni della terra sembrano salire e diventare quelli del cielo. Natura primordiale