Violenza di genere, voce agli enti
La commissione coinvolge le associazioni. E l’ateneo firma il protocollo
TRENTO L’applicazione recentissima di «Codice rosso», ossia la legge che modifica il codice di procedura penale sulla tutela delle vittime di violenza e velocizza le indagini acuendo le pene, ha contribuito all’emersione di episodi prima silenziosamente arginati entro le mura domestiche. Il 25 novembre, in occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere, anche in Trentino si potranno analizzare numeri, statistiche e impatto della norma. Di più. Quest’anno la Commissione provinciale pari opportunità ha ideato due eventi che puntano al coinvolgimento di tutte le associazioni attive sul territorio. Prima, il 22 novembre, un vero e proprio forum aperto a chiunque intenda dare il proprio contributo per contrastare i fenomeni di violenza(è stato attivato un form online per partecipare) e il giorno successivo, il 23 novembre, un focus sulla prevenzione delle violenze di genere nelle professioni sanitarie (ne seguiranno altri).
Domani, inoltre, il Senato accademico dell’università di Trento discuterà l’eventuale sottoscrizione del Protocollo d’intesa a contrasto dei fenomeni di violenza di genere, aderendo formalmente al gruppo di lavoro che unisce Provincia, forze dell’ordine, agenzia del lavoro.
«In passato — spiega Barbara Poggio, prorettrice con delega all’equità — abbiamo contribuito alla costituzione di un osservatorio per monitorare i fenomeni di violenza di genere, ora con questo protocollo d’intesa discuteremo la prosecuzione dell’impegno, cercando di capire quale può essere il contributo dell’università». Sul fronte della sensibilizzazione, resta valida la volontà dell’ateneo di riabilitare i corsi contro le discriminazioni di genere. scorso a Trento è stata un grave errore, che ha resuscitato, dopo decenni, una parodia degli “opposti estremismi” degli anni ’70 del secolo scorso. Bene ha fatto il rettore Collini a far collocare sulla facciata di Sociologia una frase emblematica di Norberto Bobbio, che certo non avrebbe potuto ricevere lezioni di antifascismo da nessuno. Ed è bello ricordare che nel 1968 Norberto Bobbio, insieme ad Andreatta e a Boldrini, seppe dialogare col Movimento studentesco di Trento all’interno della facoltà occupata in modo trasparente e democratico».
Nel tempo caratterizzato dalla caduta di ogni ideologia, c’è spazio ancora per un’ideologia come qualcuno evoca analizzando i fatti di Sociologia?
«Le ideologie totalizzanti sono cadute, insieme alla caduta del muro di Berlino, di cui ricorre in questi giorni il trentesimo anniversario. Restano invece i valori di giustizia e di libertà, che sono valori perenni, a cui tutti dovrebbero ispirarsi».
Come è cambiata la fruizione della libertà e il concetto di libertà nel passaggio dal Sessantotto ad oggi?
«Resta valido il principio secondo cui la libertà di ciascuno termina dove inizia la libertà dell’altro. Ma non può esistere libertà senza la giustizia. E oggi aggiungerei che non esiste giustizia sociale senza giustizia ambientale. Il Sessantotto ha fato rivivere questi valori, che hanno tuttora e sempre più una validità esemplare».
Qual è il falso storico che maggiormente accompagna la storia di Sociologia?
«Il falso storico in passato ricorrente, come una leggenda metropolitana, è stato l’indebito collegamento tra il Movimento studentesco di Sociologia e la nascita delle Brigate rosse a Milano all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso. A Milano, appunto, e non a Trento, dove le Brigate rosse non sono mai esistite. E chi in questi giorni ha stupidamente evocato il nome di Renato Curcio è nuovamente caduto in modo risibile in questo equivoco storico, oggi si direbbe una vera e propria “fake news”». (4-fine)