L’AGENDA DEI DUE PRESIDENTI
Il mondo politico locale guarda con legittima soddisfazione, ma anche con grande attesa al prossimo incontro del presidente italiano Sergio Mattarella con il presidente austriaco Alexander van der Bellen. Soddisfazione perché, a poca distanza da un analogo incontro, la loro presenza denota grande attenzione e considerazione per la nostra terra e quello che di molto positivo essa significa non solo nei rapporti tra i due Paesi ma per l’Europa intera. L’Incontro è stato legato ai cento anni dell’Accordo di Saint Germain che segnò la fine della Prima guerra mondiale e il passaggio all’Italia di quello che era un pezzo del Tirolo austriaco. Ed è stato legato ai 50 anni del congresso Svp che diede il via libera al Pacchetto e alla nostra speciale autonomia che ci ha consentito di essere quel che siamo diventando così nel mondo uno dei migliori esempi di successo su cosa può fare la buona politica quando per risolvere un contrasto cerca nel dialogo e nel rispetto intese ed elementi unificanti piuttosto che coltivare quelli che dividono. In questo senso anche il riferimento al congresso di 50 anni fa tenuto da un partito — che allora era davvero e più che mai «il partito del popolo sudtirolese» — ha una sua apprezzabile e logica spiegazione visto che scelse proprio lo strumento del dialogo e del reciproco consenso. Tutto quel che diranno e faranno i due presidenti — di certo anche con la visita al Muro del lager di Bolzano — assumerà una forte rilevanza.
L’attesa è grande anche per altri aspetti visto che ultimamente non sono mancati, come purtroppo ciclicamente succede, momenti di forte frizione attorno alla nostra situazione per il tentativo di cancellare il nome Alto Adige dalla cosiddetta legge europea.
Solo pochissimi giorni fa, inoltre, l’ambasciatore italiano a Vienna Sergio Barbanti ha per l’ennesima volta e formalmente lamentato le nuove iniziative austriache in favore del doppio passaporto ai sudtirolesi doc. È un progetto che per l’Italia è inaccettabile e sul quale non vi è dunque alcun consenso. Si dovrà capire se ci sarà una parola chiara e magari definitiva sulla questione o solo un rinvio alla prossima polemica, evidenziando così le consuete antiche ambiguità secondo cui l’autonomia speciale, sempre più forte e sempre più ampia, non è un valore in sé ma solo in quanto tappa e strumento per andare verso altre mete. C’è poi attesa — oltre che curiosità su quel che faranno gli Schützen davanti all’inno di Mameli — anche su un’altra questione, antica quanto importante. È quella della grazia ai terroristi — o «combattenti per la libertà» e dunque eroi, secondo la visione dominante nel mondo sudtirolese e spesso anche a Vienna — degli anni ‘60 che sono stati condannati e sono costretti a vivere all’estero. È una richiesta — quella di chiusura di quel periodo storico con un «gesto di pacificazione dal forte valore simbolico», come ha detto il presidente del Tirolo Günther Platter collegandolo proprio ai 100 anni del trattato di Saint Germain — ormai antichissima. Ora c’è in più una novità e cioè quella di Heinrich Oberleiter, uno degli ormai anziani protagonisti dei fatti di quegli anni, per il quale era stata presentata richiesta di grazia ottenendo anche il previsto riscontro positivo della magistratura. La grazia, come si sa, è prerogativa assoluta del Capo dello stato ed il presidente e della Repubblica e, come ci ha ricordato saggiamente il presidente della Provincia Arno Kompatscher, «non va di certo tirato per la giacchetta». Dopodiché è innegabile che comunque nel mondo politico locale una certa attesa comprensibilmente c’è. E non caso nelle scorse settimane sulla stampa in lingua tedesca si era anche parlato di una «diplomazia segreta» al lavoro su questo tema.