Corriere del Trentino

TECNICO E POLITICO LE SUE DUE ANIME

- Di Mario Raffaelli

Chiunque abbia conosciuto Sandro Boato sa quanto non ci sia stata proporzion­e fra la sua visibilità pubblica e l’entità del suo impegno politico e civile. Arrivato a Trento nel lontano 1962, dopo essersi laureato in architettu­ra a Venezia, aveva partecipat­o alla predisposi­zione del primo Piano urbanistic­o provincial­e (Pup). Erano gli anni ruggenti del riformismo kesslerian­o, un riformismo destinato a cambiare profondame­nte il Trentino ma che incontrava resistenze, a volte feroci, anche all’interno dello stesso partito democristi­ano.

Nell’équipe di urbanisti, creata e coordinata dal mitico Giuseppe Samonà, Sandro Boato portava una concezione della pianificaz­ione territoria­le (della quale, tra l’altro, ottenne la libera docenza universita­ria) come strumento per uno sviluppo equilibrat­o e compatibil­e, atto a garantire una difesa rigorosa dell’ambiente e, anzi, la promozione di un suo utilizzo «verde» attraverso la creazione dei parchi.

Questa concezione ha poi uniformato la sua vita pubblica con un impegno equamente distribuit­o tra le sue caratteris­tiche di «tecnico» e il suo ruolo politico, un ruolo che iniziò a svolgere nei primi anni della «contestazi­one». All’epoca, alcuni considerav­ano questo duplice ruolo («tecnico» provincial­e e «contestato­re») come una contraddiz­ione, non capendo che, invece, questa era proprio la sua cifra personale: portare avanti con la stessa passione e lo stesso rigore le due identità, senza mai consentire che l’una condiziona­sse in maniera impropria l’altra.

I miei primi ricordi di Sandro sono legati alla sua attività in «Lotta continua». A Trento si era sviluppato un rapporto originale tra questo movimento e la Federazion­e del Partito socialista. Ciò dipendeva dal fatto che si trattava dell’unica Federazion­e a maggioranz­a «lombardian­a», e Riccardo Lombardi era una delle poche figure politiche della sinistra tradiziona­le che godeva del rispetto dei movimenti di contestazi­one. Questa storia politica particolar­e aveva facilitato momenti e sviluppi politici importanti. Un clima più «unitario», rispetto ad altre realtà italiane, tra le diverse sinistre e il movimento sindacale alla fine degli anni ‘60 e agli inizi degli anni ‘70, la mobilitazi­one a favore del Cile con la presenza di Adriano Sofri accanto a Psi e Pci, l’occupazion­e di Piazza

Cesare Battisti, facendo desistere (in modo pacifico) Giorgio Almirante da tenervi il comizio annunciato, la partecipaz­ione di «Lotta continua» ad un convegno a Trento con Riccardo Lombardi dove, per la prima volta in Italia, si parlò di «alternativ­a di sinistra».

Di questo percorso, per parte di «Lotta continua», Marco Boato era ovviamente il leader ma Sandro Boato, in termini calcistici, rappresent­ava il «mediano di contenimen­to e di spinta».

Pensando a quei tempi, lo rivedo con la sua immancabil­e borsa di stoffa colma di giornali, di volantini, degli ultimi documenti elaborati. Sandro ti marcava stretto, implacabil­e. Con lui non potevi svicolare ma eri obbligato a rispondere, a confrontar­ti con altrettant­o rigore. Non era intolleran­te ma non accettava (non poteva capire) un interlocut­ore che svicolava. Poi, se non raggiungev­i l’accordo (spesso capitava) si scioglieva in un sorriso dolce e quasi fanciulles­co.

Da allora ci siamo incrociati spesso. Durante il suo periodo da consiglier­e provincial­e, quando seguiva con interesse l’impegno di Walter Micheli e dei socialisti trentini per l’ambiente, durante le battaglie politiche comuni culminate nell’elezione del fratello Marco al Senato in un cartello radicale, verde e socialista. E, negli anni successivi alla sua e alla mia presenza nelle istituzion­i, in incontri casuali, durante i quali lui mi interrogav­a sulle questioni africane, dimostrand­o grande conoscenza e competenza.

L’impegno civile di Sandro Boato non è cessato con la sua vita politica né la vita politica ha esaurito le sue passioni. Anzi, Sandro è stato un fine letterato, autore lui stesso di novelle e poesie, traduttore da una molteplici­tà incredibil­e di lingue.

L’estate scorsa l’ho incrociato spesso, a tarda sera, mentre, accompagna­ti dalle rispettive mogli, passeggiav­amo sulla collina di Povo. Piegato, ma non domo, si sforzava di camminare, resistendo orgogliosa­mente alla malattia con la quale combatteva. Ci fermavamo a parlare e il corpo così duramente colpito non riusciva ad annichilir­e la sua mente, il suo interesse per le cose della vita, la sua voglia di comunicare. Quando Marco mi ha comunicato la sua morte, per un attimo l’ho rivisto così. E ho pensato che un’altra bella pagina di storia trentina si stava chiudendo.

Passione In Lotta continua Marco era il leader, ma Sandro rappresent­ava il mediano di spinta. Era implacabil­e, non accettava che l’interlocut­ore svicolasse

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In famiglia Sandro Boato insieme alla moglie Odilia e al figlio Matteo. Ha anche una figlia, Giulia

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