Anarchici, via le accuse più pesanti
Condannati sei imputati su sette: «Ma niente eversione e terrorismo». La difesa: soddisfatti
Quasi 12 anni di condanne, anche per gli attentati alla Lega di Ala e all’Unicredit, sono la sintesi del processo andato in scena ieri a carico di 7 anarchici. Meno della metà di quelli chiesti dai pm. La ragione? Soprattutto il venir meno dell’accusa più pesante, l’associazione con finalità eversive. Soddisfatti i legali.
TRENTO Sono le 14.42 quando il giudice Enrico Borrelli, dopo nemmeno un’ora di Camera di consiglio, ha pronunciato la sentenza di primo grado per i sette anarchici accusati, dallo scorso febbraio, di sei attentati. Tre di loro sono stati condannati per produzione di documenti falsi, tre per i danneggiamenti alla sede della Lega di Ala e alla filiale di Unicredit a Rovereto, nonché per le violazioni della legge in materia di armi. In tutto poco più di 11 anni e 11 mesi, meno della metà di quanto chiesto dalla Procura. La ragione è semplice: cade l’accusa più pesante, quella di associazione con finalità eversive o terroristiche. Un boato, applausi misti a fischi e urla di gioia di circa 90 simpatizzanti anarchici presenti accolgono il dispositivo, letto dopo oltre 4 ore di udienza a porte aperte: nonostante si trattasse di un processo con rito abbreviato e dunque a rigore da svolgersi a porte chiuse, il Tribunale ha accolto la richiesta degli imputati, lasciando entrare le persone.
A prendere la parola per primo il pm Pasquale Profiti, che con Davide Ognibene è titolare dell’inchiesta e ha ricostruito i fatti che hanno portato all’arresto dei sette imputati. A Luca Dolce, Roberto Bottamedi, Giulio Berdusco e Agnese Trentin la Procura e gli inquirenti contestavano l’associazione con finalità eversive. Grazie a un lavoro certosino svolto con microspie e pedinamenti, i carabinieri del Ros e degli agenti della Digos avevano ricollegato gli attentati ai tralicci sul monte Finonchio del 2017, l’esplosione al laboratorio di crittografia e matematica industriale dell’Università a Povo dello stesso anno e il posizionamento di esplosivi nella sede della polizia locale di Trento ai 4 imputati.
Diverso il discorso per gli altri tre imputati, Marie Antonia Sacha Beranek, Andrea Parolari
e Nicola Briganti: a loro, ognuno con un coinvolgimento diverso, la Procura contestava gli attentati avvenuti tra luglio e ottobre del 2018 nel roveretano, in particolare, alla sede di lavoro interinale Randstad, alla Lega di Ala e alla filiale Unicredit di piazza Rosmini a Rovereto.
Sta di fatto che l’accusa di terrorismo è un ferro su cui ieri la Procura con Profiti ha battuto a lungo: la «stratificazione di indizi» secondo il pm la renderebbe ragionevole fuori di ogni dubbio. E se non bastasse anche la produzione di documentazione falsa, finalizzata a garantire la clandestinità delle persone incaricate di portare a termine i reati eversivi, di cui erano accusati Dolce, Bottamedi, Berdusco e Trentin avrebbe reso per il pm valida la tesi.
Solo indizi, appunto, e nessuna prova per la difesa, sostenuta dagli avvocati Giampiero Mattei, Andrea de Bertolini e Bonifacio Giudiceandrea, che nelle loro arringhe finali, durate in totale più di due ore, hanno cercato di demolire, pezzo dopo pezzo l’impianto accusatorio. Impossibile per loro ricondurre i fatti contestati ai quattro giovani solo sulla base di indizi. Assente, inoltre qualsiasi rivendicazione. «Ho letto tutti i 7 faldoni di intercettazioni — ha detto l’avvocato Mattei — E c’è un’unica frase portata a sostegno dell’eversione. È il festival degli ossimori. Nel rapporto dei Ros si parla di associazione rudimentale e gerarchia orizzontale e poi si contesta l’eversione: si fa violenza alla lingua italiana ancora prima che al diritto».
L’accusa ha chiesto circa 29 anni di carcere per i sette imputati, mentre la difesa ne ha acclamato l’assoluzione. Il giudice Borrelli si è ritirato in camera di consiglio alle 13.53 e alle 14.42 ne è uscito dispositivo di sentenza alla mano: Dolce, unico del gruppo ancora in carcere, e Trentin sono stati condannati a 2 anni per la falsificazione di documenti; a Bottamedi, condannato per il medesimo reato, il giudice ha riconosciuto una pena lievemente inferiore (1 anno, 9 mesi e 10 giorni) per aver partecipato alla falsificazione in un solo episodio. Berdusco è stato assolto da ogni accusa, con revoca della misura cautelare. Tutti e quattro sono stati assolti dalle accuse di danneggiamento al laboratorio dell’ateneo, alla sede della polizia e ai tralicci sul monte Finonchio «per non aver commesso il fatto» si legge nel dispositivo.
La condanna più pesante è toccata a Parolari, cui il giudice ha inflitto 2 anni, 6 mesi, 10 giorni di reclusione 8.000 euro di multa per l’attentato alla Lega e a Unicredit. Costa 1 anno, 10 mesi e 6.000 euro di multa l’attentato alla sede del movimento politico anche a Beranek e Briganti. A tutti e tre però il giudice ha tolto una delle accuse in materia di violazione
della normativa sull’uso di armi: ossia i tre avrebbero usato l’esplosivo ma non lo avrebbero prodotto loro o quanto meno non ce ne sarebbero le prove. A tutti e sei, infine, è stata riconosciuta l’attenuante stabilita dall’articolo 5 della legge 895 del 1967, per la lieve entità del fatto riconducibile alla quantità o qualità delle armi usate.
Ora la Procura farà appello e anche la difesa pensa «ad un appello incidentale» come dice Giudiceandrea anche se i legali sono soddisfatti per «le pene contenute» e «per la corretta qualificazione giuridica dei fatti» chiosa de Bertolini. Far cadere l’associazione con finalità eversive era l’obiettivo principale. Perché era in virtù soprattutto di questa accusa che quattro imputati si sono fatti parecchie settimane in carcere in isolamento, con il 41bis. Una condizione particolarmente afflittiva che ora stride con la sentenza. Per completare il quadro tuttavia manca ancora un tassello: il tribunale del Riesame, che aveva permesso ai detenuti di scontare la pena ai domiciliari, sta rivedendo in questi giorni, per un ricorso accolto dalla Cassazione, il proprio parere. È difficile tuttavia ipotizzare che, essendoci una sentenza che non riconosce la finalità eversiva, il Riesame possa rimettere dietro le sbarre gli imputati.