Corriere del Trentino

«Simbolo della sfida alle proprie paure La tradizione diventi patrimonio Unesco»

- Enzo Coco

Luca D’Andrea, scrittore affermato di casa nostra che ha recentemen­te pubblicato «Il respiro del sangue» (per Einaudi ), è salito agli onori della cronaca per il suo primo libro «La Sostanza del male» (per lo stesso editore) in cui fanno la loro comparsa anche i Krampus di San Nicolò, protagonis­ti delle cronache nazionali in questi giorni.

D’Andrea, solo folklore o qualcosa di più?

«Oserei dire che i Krampus sono l’essenza del folklore e che chi non ne capisce lo spirito non ha fatto quel passaggio essenziale per ogni essere umano, quello del superament­o della paura, delle proprie paure interne. Rischiamo però che l’integrità di questa tradizione venga inghiottit­a dall a f uri a del trasformar­e tutto ad uso del consumismo, dello spettacolo».

C’è forse dietro a questa esibizione un desiderio represso che trova sfogo una volta all’anno?

«Nonc redo. IK ram pus rappresent­ano una tradizione millenaria in un mondo in cui non siamo più abituati al significat­o del folklore. Nella tradizione è insito il concetto della sfida: chi sfida vuole essere sfidato e la conclusion­e della sfida porta a una sorta di catarsi collettiva».

Dove sta il limite?

«Come tutti i riti anche quello dei Krampus ha i suoi codici e le sue leggi ,e quindi si autolimita. C’è in questa rappresent­azione il senso più profondo del rito del passaggio dal bambino all’adulto, di cui tutti abbiamo bisogno e se qualcuno non lo riconosce, vuol dire che è rimasto bambino con le sue paure che non vuole superare».

Dunque siamo ancora in presenza di un fatto di cronaca gonfiato ad arte?

«Indubbiame­nte. Nella narrazione mediatica di come sono avvenute le cose vedo l’irresponsa­bile malizia di chi ha voluto trasformar­e un fatto folklorist­ico in violenza. Una malizia colpevole che offre molti spunti di riflession­e su ciò che siamo e su ciò di cui abbiamo realmente bisogno ».

Un modo di sconfigger­e la paura o viceversa il desiderio di sfogarsi coperti dalla maschera cattiva?

«Sfidare il Krampus non significa smettere di averne paura, ma diventarne consapevol­i e quindi controllar­la: il passaggio dal bambino al - l’adulto. E così dovrebbe essere ancora oggi. Il Krampus non se la prende con chi non lo sfida e lo sta a guardare, ma ringhia con chi osa opporsi e sfoggia un rituale per spaventarl­o. Se gli resisti hai superato la prova».

C’ è ancoralo spirito dei bambini che a occhi sgranati guardavano i Krampus e pensavano un giorno di sfidarli?

«Temo che quello spirito stia lentamente degradando e che i Krampus oggi siano solo pupazzi privi del significat­o simbolico che per centinaia di anni hanno avuto. Sembrano quasi la rappresent­azione emblematic­a della nostra società moderna in cui non ci sono più adulti veri e dove ai bambini non è dato di emancipars­i sfidando la paura. Una società che conosce solo la paura e che per questo fa paura».

Una tradizione da proseguire?

«Chi di dovere dovrebbe fare qualcosa per tutelare lo spirito e la storia di questa cultura millenaria. Oserei dire anche in sede Unesco, prima che faccia la fine di tante altre belle usanze popolari come Halloween, che sono diventate un fenomeno da baraccone. È una bella sfida ma penso proprio che ne valga la pena».

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Bolzanino Luca D’Andrea inserisce i krampus nel suo best seller «La sostanza del male»

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