SANITÀ COMPLESSA LE NUOVE SFIDE
In applicazione delle leggi della politica nazionale, l’attuale giunta provinciale intende marcare differenze dalla gestione della precedente.
Certamente, in applicazione delle leggi della politica nazionale, l’attuale giunta provinciale intende marcare differenze dalla gestione della precedente allo scopo di sottolineare nuove logiche e indirizzi, in linea con il programma: sennò, che cambiamento sarebbe! In verità la sanità trentina è un Moloch che cammina con le sue gambe, un grande e complesso sistema che ha lo scopo di garantire al meglio la salute dei cittadini, che impegna oltre un quarto del bilancio provinciale e che nel suo fondo è permeato a livello operativo da buon senso, buona volontà e ad oggi di certo tanta pazienza.
Tuttavia complessità e valenza tecnica del sistema salute seguono logiche scientifiche e non possono sempre assecondare i desiderata dei cittadini, alle volte inquinati da istanze localistiche poco rilevanti nel quadro generale, ma che assurgono a problemi strategici nel «particulare». L’approccio politico, sensibile al consenso immediato, difetta facilmente di una visione di insieme: approccio step by step, piuttosto che orientato ad una oculata programmazione sia degli aspetti organizzativi che strutturali-edilizi. D’altronde si affrontano i probledell’Ordine, mi che si vedono e alle volte volutamente neppure quelli. Quando subentrano problemi impegnativi (scelte strategiche da impostare e calo di risorse da gestire, 120 milioni nei prossimi anni), subentra il silenzio delle istituzioni e si infittiscono iniziative minori cui dare riscontro mediatico: compensazione della difficoltà a fare scelte di politica sanitaria e ancora di più a spiegarle ai cittadini. La politica del cerino: l’auspicio che il cerino si spenga in mano a qualcun altro.
Per citare un argomento di limitato peso sanitario, ma assurto a vessillo della gestione Segnana, il punto nascita di Cavalese, la scommessa della sua riapertura è ancora sul tappeto: mancano medici, si procede con liberi professionisti (quando si trovano), il numero dei parti si attesta su cifre inevitabilmente modeste (principio di realtà). D’altronde si ritiene che la volontà politica possa tutto: una visione vagamente nietzschiana dei problemi e della possibilità di risolverli. Dopo la riapertura di Cavalese l’assessora è stata sfiorata dalla idea di riaprire il punto nascita di Arco.
Volendo introdurre argomenti più impegnativi, nel numero 3 del 2019 del Bollettino medico trentino, il giornale compare un’articolata analisi della situazione della nostra sanità, dalla quale sinteticamente emergono alcuni punti peraltro da tempo ben conosciuti: in estrema sintesi il progressivo aumento di necessità di risorse a fronte di invecchiamento della popolazione, nuove tecnologie (i farmaci sono una tecnologia), pensionamento a breve di numerosi medici con difficoltà di reclutamento per la loro sostituzione. Si paventa — forse siamo già alla certezza — l’impossibilità di garantire l’attuale assetto dell’organizzazione sanitaria trentina, sia territoriale che ospedaliera.
A fronte della situazione evidenziata, si presentano iniziative tese a porvi almeno parziale rimedio. Tutte iniziative lodevoli, ma che non toccano, a mio parere, il nodo della questione: la necessità di un percorso di razionalizzazione del sistema sanità, che sia guidato dalla conoscenza di uno scenario futuro che si avvicina a grandi passi.
Tecnologia ed epidemiologia (cosa dovremo fare sia sul territorio che negli ospedali) devono essere la base per un programma che deve essere la politica a guidare e coordinare con l’ausilio di competenze tecniche.
È più semplice impegnarsi nella riapertura di un punto nascita che affrontare problematiche impegnative quali quelle in essere, in previsione delle ricadute a breve-medio termine che potranno verificarsi. Il problema sarebbe impegnativo per chiunque, ma nessuno nasce «imparato», l’importante è avere la capacità di comprendere i problemi, muovere la macchina decisionale, sapendo che vi saranno scelte ardue da realizzare per evitare o almeno tamponare un futuro che appare difficile.
Consiglio l’assessora a leggere con attenzione l’articolo citato e a farne oggetto di meditazione ed impegno politico. L’approccio a spot rappresenta la peggiore iattura per affrontare una realtà che presenta crepe foriere di pericolosi futuri cambiamenti. Occorre un piano sanitario da predisporre nel personale e negli investimenti, tecnicamente valido e politicamente sostenuto, che coinvolga anche l’edilizia sanitaria: occorre sapere cosa ci aspettiamo tra dieci anni e fare ciò che è necessario partendo da subito. Insomma, un vasto programma. Non è piacevole fare la parte di Cassandra, ma le previsioni a breve-medio termine, se non subentreranno eventi particolari, sono realistiche, puntualmente indicate nell’articolo citato, il quale parla di «drammaticità del cambiamento ed urgenza di intervenire». Non vi sono alibi per non affrontare le importanti questioni poste: un messaggio chiaro per l’assessora Segnana. Concludo in sintesi citando alcuni punti salienti di politica sanitaria: nuovo ospedale del Trentino e rete degli ospedali, il problema del personale medico (nei prossimi 10 anni pensionamento del 34% degli ospedalieri e 50% dei medici di famiglia), il potenziamento della medicina territoriale, le nuove tecnologie. In sintesi l’ipotesi è di garantire gli stessi servizi ai cittadini con meno risorse umane, più tecnologia, riorganizzazione dei servizi e delle strutture. Meglio pensarci per tempo.
Il nodo È più semplice impegnarsi nella riapertura di un punto nascita che affrontare problematiche impegnative quali quelle in essere