«Io, un’italiana dalla pelle nera: quanta rabbia»
Espérance Hakuzwimana Ripanti: «Servono testi per aiutare i bimbi»
TRENTO Il libro «E poi basta! Manifesto di una donna nera italiana» (People) di Espérance Hakuzwimana Ripanti — attivista culturale nata in Ruanda nel 1991, adottata poi da una famiglia bresciana, studi universitari a Trento —, è il tentativo ben riuscito di colmare un vuoto di parole: la totale assenza di modelli di riferimento, di esempi concreti, di strategie e di prospettive credibili per chi, fin da bambino, cresce in Italia, pensa, guarda i cartoni,
La scoperta
Ho capito di avere la pelle nera a 8 anni, guardando il cartone «La gabbianella e il gatto»
sogna e mangia italiano, ma ha la pelle nera. Il libro sarà presentato questo pomeriggio alla libreria Due punti di Trento alle 18.30.
Espérance, lei si descrive come «l’unica persona nera» in quasi tutti gli ambienti in cui è cresciuta, che ha frequentato, in cui si è formata. È da qui che nasce l’esigenza di scrivere questo libro?
«Sì. Ho capito di avere la pelle nera a 8 anni, guardando il cartone “La Gabbianella Espérance Hakuzwimana Ripanti è nata in Ruanda 29 anni fa. Ha trascorso i primi tre anni di vita in un orfanotrofio gestito da un’associazione italiana.
Poi è stata adottata ed è cresciuta in provincia di Brescia. Ha studiato all’università di Trento.
È un autrice del libro «E poi basta! Manifesto di una donna nera italiana».
Presenterà oggi il suo libro alla libreria «Due punti» (ore 18.30) con Sara Hejazi, Cecilia Passarella e Pippo Civati. e il gatto”. Poi, quando vedi che il colore della tua pelle è diverso da quello del panettiere, della maestra, dei genitori, dei compagni, allora ti rendi conto che qualcosa non va. Questo dunque è il testo che io non ho trovato quando ne avrei avuto bisogno. Il materiale di cui è fatto il libro non è il semplice studio, l’assidua lettura, l’analisi sociale, ma è anche la rabbia, che mi sono portata dentro da anni. Scriverlo è stata una liberazione».
Si tratta di una lettura che però non è destinata solo a chi oggi è italiano con origini lontane ma anche a chi non si è mai mosso di casa…
«La mia biografia rimane sullo sfondo ed è un pretesto per toccare temi molto generali, con l’obbiettivo di aprire dei mondi a chiunque abbia interesse a farlo, anche chi non ha mai avuto nulla a che fare con l’immigrazione, con il razzismo…un tentativo di far riflettere su cose che normalmente sono taciute».
Per esempio?
«I privilegi, la posizione sociale associata al colore della pelle. Il più delle volte si dà per scontata, come si dà altrettanto per scontato che chi ha la pelle nera ricopra ruoli sociali o economici marginali. Il libro vuole stimolare la consapevolezza di essere nati e cresciuti con dei privilegi in questa parte del mondo». attraverso la rete è possibile esprimersi, raccontare, divulgare, proporre nuovi punti di vista, cose che qualche anno fa erano praticamente impensabili».
Come riuscire a dare più spazio alle nuove voci che cercano di smontare la rappresentazione dominante della realtà?
«L’ascolto è una delle cose principali. Potersi esprimere significa dare un nome alle cose, anche quando si tratta di nomi scomodo, come “razzismo”».
Qual è il più grande augurio che fa alle nuove generazioni italiane?
«Io svolgo molti laboratori con i bambini e spero di poter presto dedicarmi alla scrittura di libri per bambini. I piccoli di oggi sono oltre, secondo me: non si pongono il problema dell’identità nazionale, del colore, della religione. In un certo senso, i problemi vengono dopo, cioè nel mondo del lavoro: il problema principale è dunque quello della cittadinanza, la spinosa questione dello Ius soli. Ho dunque due speranze: che i bambini possano vedere film, cartoni, fumetti e leggere libri in cui possano riconoscersi, in cui non saranno più solo una minoranza. La seconda speranza è che possano dire ciò che pensano, senza avere paura di essere sminuiti».