Degasperi, un’eredità che lascia perplessi
Tra i molti commenti al film «Hammamet», un Craxi quasi intimo negli ultimi mesi di vita, non poteva mancare quello di un suo grande amico, che moltissimo gli deve. Berlusconi ha affermato che Craxi è paragonabile a Degasperi. Lo stesso Berlusconi in campagna elettorale a Trento l’anno scorso non si era fatto mancare l’autostima per definirsi «erede di Degasperi», e non era la prima volta. In coda si mettono anche Di Maio e Conte, e relative corti, per i quali Degasperi è diventato un compagno, un amico, al quale ispirarsi.
In definitiva, con qualche spruzzata di Luigi Sturzo, i nostri attuali politici per accreditarsi come strateghi e benefattori della patria ricorrono ad esempi di un passato democristiano, tanto vituperato in questo ultimo ventennio. «Non moriremo democristiani», mi sembra di ricordare era il mantra di tanta politica romana. Oggi tra becerismo e deriva valoriale che non hanno esempi negli annali d’Italia, alla fine, con funzionale ignoranza, si tira per la giacca il povero Degasperi, il cui tenore di vita, la sobrietà, lo spessore morale e umano, la profondità politica e la dignità istituzionale non si trovano nemmeno misurati in grammi nell’attuale classe dirigente.
Un modello politico e partitico singolare. Lui governava, realista e lungimirante con un 40%, ma è la personalità dell’uomo che è oggi di difficile reperibilità. Politici con giusta caratura, certo, nella grande massa ci sono, ma purtroppo, sarà un difetto del sistema comunicazione, non riescono a darcene contezza. Anzi si enfatizza il peggio. Tutto ciò risulta anni luce di distanza da quello che era, incarnava e vedeva Alcide Degasperi. Una mancanza di rispetto verso di lui e il suo grande ruolo nella storia politica, una mancanza di rispetto per l’intelligenza di tanti italiani e trentini in particolare.