Ex Villa Rosa, vandali e incuria: dirigenti assolti
Per i giudici manca il nesso causale. La Procura ipotizzò un danno da 240mila euro
TRENTO «La riattivazione del servizio di vigilanza, dai rilevanti costi economici da parte dell’Azienda sanitaria provinciale e poi della Provincia, non ha impedito la continua intrusione di ignoti e nuovi atti vandalici». Il passaggio è contenuto nelle ventisette pagine di sentenza della Corte dei Conti che scagionano i tre dirigenti accusati dello stato di abbandono dell’ex ospedale Villa Rosa, l’antica struttura che sorge a Maso Grillo di Pergine, da anni meta di vandali e in grave stato di abbandono.
«In via generale — evidenzia ancora il collegio, presieduto da Pino Zingale — la pubblica amministrazione quando dismette l’uso di un immobile, tanto più se di particolare valore storico-artistico, deve tempestivamente operare una valutazione», c’è infatti un obbligo «della gestione dei beni pubblici in virtù di un principio costituzionale». In questo caso sarebbe venuto meno visto che l’antico edificio è da anni abbandonato, ma non sarebbero i tre dirigenti responsabili dello sfacelo dell’ex Villa Rosa. Per la Corte dei Conti manca infatti il nesso causale tra il presunto comportamento omissivo dei dirigenti e il danno erariale. Sono stati quindi assolti Mauro Trentinaglia, direttore del Servizio immobili e servizi tecnici dell’Azienda sanitaria, Claudi Candioli, dirigente del Nucleo gestione immobili e i responsabile di zona del servizio gestione immobili Stefano Zanghellini.
La Procura contabile ipotizzava un danno erariale di ben 204.000 euro, calcolato sulla base di un lungo elenco di tutti gli episodi di vandalismo e furti che si sono registrati dal 2013, quando l’ospedale riabilitativo è stato trasferito nella nuova sede di via Spolverine a Pergine, a oggi. Nell’elenco ci sono anche i costi sostenuti per il ripristino dei luoghi, delle vetrate, degli impianti e per lo sgombero dei materiali distrutti. Sprovvista di vigilanza, la struttura nel 2014 è stata presa di mira anche da bande di ladri di rame. Secondo l’accusa i dirigenti non avrebbero provveduto a mantenere un servizio di vigilanza e solo in seguito ai rilevanti danni Trentinaglia e Candioli, avrebbero adottato le necessarie cautele per la conservazione dell’immobile e dei materiali. In particolare La Procura contestava un comportamento omissivo. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, che hanno raccolto e analizzato tutta la documentazione e le denunce di furto (a febbraio 2014 la polizia locale era intervenuta per il furto di 200 chili di rame), Trentinaglia e Candioli non avrebbero mantenuto il servizio di vigilanza rendendosi «pienamente colpevoli delle intrusioni». I tre dirigenti, difesi dagli avvocati Flavia Maria Bonaccia e Sabina Pantezzi, respingono le accuse, inoltre il danno non sarebbe riconducibile ai tre dirigenti. Tesi accolta dal collegio di giudici.