«Fare da sé è un grave errore, ora si torni a collaborare per essere davvero attrattivi»
Dellai: nessuno è autosufficiente, creiamo un sistema
TRENTO Aveva immaginato un acronimo per il sistema integrato della ricerca e dell’alta formazione del Trentino: «star». Del resto la conoscenza è sempre stata punto focale dell’agenda di Lorenzo Dellai, per quindici anni presidente della Provincia di Trento. Ha persino promosso la norma di attuazione che ha trasferito le competenze finanziare dell’ateneo di Trento dallo Stato alla Provincia (pur mantenendo l’assetto statale dell’università). Oggi Dellai riflette laconico sul dibattito divampato attorno a Medicina, auspicando che le relazioni istituzionali fra Piazza Dante e ateneo si rinsaldino. E, allo stesso modo, scuote la testa assistendo al doppio binario scollegato di due Province: Trento e Bolzano. Lo fa appellandosi alla collaborazione («Perché fare da sé è un grave errore»).
Dopo mesi di dibattito, di toni alti e di schermaglie, sulla vicenda di Medicina pareva ci fosse una tregua. Invece un’altra novità: Bolzano pensa a un’altra via autonoma e ne ha discusso al Miur. Scelta legittima o fuga in avanti troppo solitaria?
«La mia è una valutazione dall’esterno, ma non c’è dubbio che sale la preoccupazione su tutta questa vicenda. A me pare che sia stato fin dall’inizio un errore di metodo, da parte di tutti. Certamente queste tematiche che riguardano investimenti di lungo periodo, in ricerca e conoscenza, richiedono un metodo il più possibile concordato e concertato. Prima di tutto all’interno di ciascuna comunità: il peso dello scontro fra Provincia e Università è un peso che si avverte ancora, malgrado la soluzione sia stata adottata. Si avverte che sotto-sotto c’erano ipotesi diverse e che, anche dentro l’ateneo, oggi ci sia una situazione di grande incertezza e di discussione».
E il nuovo doppio binario fra Trentino e Alto Adige è sintomo di scarso dialogo istituzionale?
«Non v’è dubbio che la collaborazione e la sinergia con Bolzano era e deve rimanere uno degli obiettivi, in questo come in altri settori. Ma questa idea, ovvero mettere a fattore comune i punti di eccellenza di Trento e Bolzano, ad oggi pare non trovi adeguata corrispondenza. Viceversa fare sistema, in ottica anche transfrontaliera con Innsbruck, è una pista da mantenere. Non si può scegliere la via dell’autosufficienza, perché è chiaro
che, quando si parla di conoscenza e ricerca, l’approccio dev’essere globale: un territorio piccolo come il nostro può aprirsi internazionalmente se fa sistema con i vicini. Quindi non c’è dubbio che questa sottovalutazione del metodo alla fine rischia di creare non pochi problemi».
Di quale tipo?
«Bolzano ha sempre avuto la tentazione di fare da sola, lo sappiamo. Però, credo, questa è una prospettiva non positiva. Quindi spero si possa recuperare questo disegno di collaborazione. In fondo sono due sistemi sanitari diversi ma complementari. Ora si va verso forme spinte di specializzazione ed è difficile trattenere personale di qualità e stare al passo con le innovazioni tecnologiche. Fare da soli è un’idea di corto respiro. Mi auguro allora che nello sviluppo di queste iniziative prevalga il tentativo di collaborazione».
Ma come si attira personale di qualità?
«Il punto fondamentale è porsi il problema e chiedersi perché un bravo professionista sanitario debba venire o rimanere in Trentino o in Alto Adige. Non è tanto avere in loco una Scuola di Medicina. È dirimente consentire al personale sanitario di lavorare in un ambiente e in un territorio con stimoli all’innovazione e alla ricerca. Poi i percorsi di formazione e la necessità di avere una presenza accademica solida sono importanti, ma la differenza è operare in strutture di qualità e in un habitat che investa fortissimamente su nuove tecnologie e sulla ricerca: questo fa la differenza. E poi partire da competenze che già ci sono: Cibio, Cimec, ma anche Fbk uniti ad alleanza con strutture di peso nazionale come il Sant’Anna di Pisa sulla robotica. Solo così si crea la possibilità di crescere, evitando che prevalga solo l’offerta delle metropoli. Il punto e investire sulla qualità e, magari, progettare un distretto».
Un distretto sanitario e scientifico?
«Questo è il punto vero, creare un sistema che punti sulla qualità e questa è la grande partita del Not, il nuovo ospedale del Trentino. Un’occasione di riprogettazione di una parte della città che attorno al Not potrebbe far nascere un distretto fatto di startup, imprese, che collaborino con un’organizzazione sanitaria efficiente. Corsi di medicina ce n’è tanti, in tutto il Paese, e non sempre riescono a trattenere personale. Ecco: aggiungiamo un quid in più e si investa in competenze e conoscenza. In questo senso l’alleanza con Bolzano dev’essere perseguita».
L’intera vicenda preoccupa, anche i rapporti fra Provincia e ateneo ora sono complicati