Razzismo, necessaria un’attenta e incessante vigilanza
Il 1° gennaio 1948 è entrata in vigore la Costituzione Italiana. Il terzo articolo, al primo comma, recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
E proprio la Carta Costituzionale rappresenta il più fisiologico baluardo alla diffusione del razzismo, di ogni forma di razzismo. Purtroppo oggi, come nel 1938 (il fascismo promulgò le umilianti, ingiuste e discriminatorie leggi razziali), è ancora vivo l’odio verso gli ebrei. Nell’ambito del progetto «Cittadinanza e Costituzione» — propedeutico all’esame di Stato 2020 — l’istituto tecnico a carattere tecnologico «Marconi» di Rovereto ha invitato, recentemente,Luciano Spina e Renzo Fracalossi (nella foto). Luciano Spina è presidente della sezione penale della Corte d’Appello del tribunale di Trento, Renzo Fracalossi è un attento studioso dell’Ebraismo e della Shoah. Obiettivo dell’incontro: riflettere su temi di particolare attualità come le leggi razziali fasciste, l’antisemitismo e il razzismo. L’approfondimento di Spina ha messo in rilievo gli aspetti più eminentemente tecnici non solo delle leggi razziali fasciste ma anche delle sentenze relative a recenti episodi di razzismo, in particolare nei confronti di coloro che appartengono alla religione israelitica. Renzo Fracalossi ha delineato, con acribia e semplicità, la storia del pregiudizio razziale nei confronti degli ebrei a partire dall’antichità fino alla Shoah, ma lo studioso ha analizzato anche i camuffamenti dell’odio verso gli ebrei nell’era dei social. Entrambi i relatori hanno rivolto ai ragazzi una raccomandazione: oggi più che mai, è necessaria un’attenta e incessante vigilanza nei confronti di ogni forma di razzismo. L’antisemitismo non fu creato da Hitler, le sue radici fanno parte dell’ignoranza, del pregiudizio, della superstizione, dell’invidia, più o meno le stesse radici che hanno “nutrito” un altro fetido morbo, l’antigiudaismo. La «Giornata della Memoria» rischia di scivolare nell’oblio se la sua intensità evocativa e il suo significato di ammonimento a prevenire il riaccendersi di un odio antico, si fermano al «27 gennaio».
Partecipare, con superficialità, a iniziative che ci rammentano quanto accaduto tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, serve poco o a nulla: l’abitudine può trasformarsi in una pericolosa passività. Bisogna cambiare la mentalità di ognuno di noi, e questa trasformazione può avvenire solo attraverso la conoscenza e la consapevolezza. Conoscenza, consapevolezza e memoria ci possono salvare dal lavacro del rancore e dell’empietà, ci possono tenere al riparo dall’avversione verso l’«altro» (chiunque egli sia), ci aiutano a non temere le regole della pacifica convivenza. Va sottolineato che la nera pagina delle leggi razziali fasciste vide l’adesione e la collaborazione di molti, l’indifferenza fu un sentimento diffuso: ma va altrettanto precisato che non mancarono anche atti di coraggio e azioni di solidarietà da parte di italiani che, a costo di rischiare la propria vita, salvarono centinaia di cittadini italiani di fede ebraica. Vicende quasi sconosciute o sconosciute del tutto, ma che fanno parte della Storia.