STRABISMO ED EPIDEMIA
L’Euregio ai tempi del coronavirus ha, a quanto pare, superato la prova coordinandosi a dovere con uno stato italiano diventato quasi inevitabilmente più accentratore e con Vienna che inizialmente bloccava i treni al Brennero con troppa facilità. E così, dopo che all’evocativo «confine» di Borghetto è stato installato il cartello che dà il benvenuto nella Regione europea Tirolo-Alto AdigeTrentino di certo non si avrà, almeno in tempi brevi, nessuna fuga in avanti.
Insomma, il governatore Fugatti non metterà alla stretta di Salorno un cartello che annuncia a chi viene da nord che sta entrando nella Regione europea Padanoalpina di Trentino- Lombardia - Veneto e magari pure Friuli-Venezia Giulia.
Ha comunque ragione Kompatscher — come riportato nella doppia intervista faccia a faccia ai due presidenti apparsa nei giorni scorsi su questo giornale - a dire che Fugatti non dovrebbe «guardare solo verso sud». Ma ha altrettanta ragione Fugatti a ricordare a Kompatscher che «per i trentini l’Italia conta». Insomma, hanno ragione tutti e due in quanto entrambi soffrono in realtà della stessa malattia: lo strabismo politico. Hanno entrambi uno dei due occhi che guarda prevalentemente e bene da una parte e l’altro verso quella opposta, ma con capacità di mettere a fuoco decisamente più basse. Per mille evidenti e ben note ragioni, infatti, la Svp guarda soprattutto al Tirolo: il mondo di riferimento a cui vuole appartenere. Verso sud con l’altro occhio si guarda invece poco e solo se necessario. O indispensabile, come per il coronavirus. Quando serve, insomma.
Per il leghista trentino Fugatti invece inevitabile che l’occhio prevalente sia diretto verso sud, non tanto e non solo verso Roma ma verso tutto quel mondo regionale limitrofo dove Salvini e i suoi hanno ormai messo radici saldissime. E così, al di là dei cartelli a Borghetto, dei corteggiamenti di Platter a Fugatti e delle reciproche rassicuranti e mielose parole tra lui e Kompatscher, stiamo invece vivendo un periodo in cui tra Bolzano e Trento c’è più che mai nei fatti una paralisi. E in mezzo troviamo — più che mai — la Regione come istituzione comune in cui Fugatti si riconosce e la Svp vuole invece cancellare. In questo storico confronto l’ha spuntata sinora l’Svp che, con la sua consueta politica del passo dopo passo, ha svilito tale istituzione non solo togliendole competenze ma mandandoci a governare — ricordate Pahl ed Atz? — i propri esponenti che più creano problemi interni.
I trentini, del resto, hanno fatto spessissimo altrettanto: prima guidandola con arroganza intollerabile e poi, quando il potere è passato alla Provincia, facendo finire in Regione solo i rincalzi. Infine, soprattutto con il centrosinistra, assecondando la Svp per necessità politiche romane oppure per interesse politico trentino. Come quando si è sdoppiato il sistema elettorale nelle due province con un vulnus enorme all’istituto regionale. O, tanto per capirci, come quando si è pensato bene di pagare i sindaci altoatesini più di quelli del Trentino. Snobbata, progressivamente svuotata e svilita, ridotta al massimo a un contributificio, persino giustamente ridicolizzata quando il suo Consiglio se lo merita, la Regione sembra essere così solo in attesa dell’estrema unzione. Il fatto è che lo dicono tutti coloro che in realtà l’hanno portata a questo punto, ai quali riesce persino difficile dare torto. Intanto, un passo alla volta in attesa del colpo di grazia che prima o poi arriverà, si cerca di smontarla sempre più. Ogni punto in meno della Regione è manna per la Volkspartei. Comprese le proposte — di certo non solo formali — di chiamare Regione le due Province oppure chiamarle Comunità autonome in stile spagnolocatalano.
Sognare ora, in questo clima, un nuovo Statuto regionale con legge costituzionale vuole dire essere fuori dal mondo. Il punto più basso della nostra politica autonomista lo si è segnato del resto proprio nella recente fase delle convenzioni di riforma. Dove, per responsabilità soprattutto di chi le guidava, si è dato spazio e dunque dignità alle proposte più divisive ed eversive.
Intanto come si andrà avanti? Pure l’Euregio — vedi il caso delle limitazioni tirolesi ai trasporti in cui Fugatti può permettersi di non alzare la voce visto che già protestano Italia, Baviera, Commissione Ue e imprenditori — al di là dei cartelli stradali e di qualche manifestazione sportiva, non gode buona salute. Un minimo sussulto si è avvertito sul tema del coronavirus, ma una simile convergenza politica dovrà essere messa alla prova sul campo. La Lega da parte sua sa benissimo che di certo non sarà l’Euregio a salvare l’autonomia trentina. Come a Roma sanno altrettanto bene che l’Euregio neppure è antidoto alle sempre presenti tentazioni centrifughe sudtirolesi. Quel che serve, insomma, è cercare di curare al meglio, bene e presto, questo strabismo anche se qualcuno non lo considera un difetto ma un pregio, quasi un superpotere.