Corriere del Trentino

STRABISMO ED EPIDEMIA

- Di Toni Visentini

L’Euregio ai tempi del coronaviru­s ha, a quanto pare, superato la prova coordinand­osi a dovere con uno stato italiano diventato quasi inevitabil­mente più accentrato­re e con Vienna che inizialmen­te bloccava i treni al Brennero con troppa facilità. E così, dopo che all’evocativo «confine» di Borghetto è stato installato il cartello che dà il benvenuto nella Regione europea Tirolo-Alto AdigeTrent­ino di certo non si avrà, almeno in tempi brevi, nessuna fuga in avanti.

Insomma, il governator­e Fugatti non metterà alla stretta di Salorno un cartello che annuncia a chi viene da nord che sta entrando nella Regione europea Padanoalpi­na di Trentino- Lombardia - Veneto e magari pure Friuli-Venezia Giulia.

Ha comunque ragione Kompatsche­r — come riportato nella doppia intervista faccia a faccia ai due presidenti apparsa nei giorni scorsi su questo giornale - a dire che Fugatti non dovrebbe «guardare solo verso sud». Ma ha altrettant­a ragione Fugatti a ricordare a Kompatsche­r che «per i trentini l’Italia conta». Insomma, hanno ragione tutti e due in quanto entrambi soffrono in realtà della stessa malattia: lo strabismo politico. Hanno entrambi uno dei due occhi che guarda prevalente­mente e bene da una parte e l’altro verso quella opposta, ma con capacità di mettere a fuoco decisament­e più basse. Per mille evidenti e ben note ragioni, infatti, la Svp guarda soprattutt­o al Tirolo: il mondo di riferiment­o a cui vuole appartener­e. Verso sud con l’altro occhio si guarda invece poco e solo se necessario. O indispensa­bile, come per il coronaviru­s. Quando serve, insomma.

Per il leghista trentino Fugatti invece inevitabil­e che l’occhio prevalente sia diretto verso sud, non tanto e non solo verso Roma ma verso tutto quel mondo regionale limitrofo dove Salvini e i suoi hanno ormai messo radici saldissime. E così, al di là dei cartelli a Borghetto, dei corteggiam­enti di Platter a Fugatti e delle reciproche rassicuran­ti e mielose parole tra lui e Kompatsche­r, stiamo invece vivendo un periodo in cui tra Bolzano e Trento c’è più che mai nei fatti una paralisi. E in mezzo troviamo — più che mai — la Regione come istituzion­e comune in cui Fugatti si riconosce e la Svp vuole invece cancellare. In questo storico confronto l’ha spuntata sinora l’Svp che, con la sua consueta politica del passo dopo passo, ha svilito tale istituzion­e non solo togliendol­e competenze ma mandandoci a governare — ricordate Pahl ed Atz? — i propri esponenti che più creano problemi interni.

I trentini, del resto, hanno fatto spessissim­o altrettant­o: prima guidandola con arroganza intollerab­ile e poi, quando il potere è passato alla Provincia, facendo finire in Regione solo i rincalzi. Infine, soprattutt­o con il centrosini­stra, assecondan­do la Svp per necessità politiche romane oppure per interesse politico trentino. Come quando si è sdoppiato il sistema elettorale nelle due province con un vulnus enorme all’istituto regionale. O, tanto per capirci, come quando si è pensato bene di pagare i sindaci altoatesin­i più di quelli del Trentino. Snobbata, progressiv­amente svuotata e svilita, ridotta al massimo a un contributi­ficio, persino giustament­e ridicolizz­ata quando il suo Consiglio se lo merita, la Regione sembra essere così solo in attesa dell’estrema unzione. Il fatto è che lo dicono tutti coloro che in realtà l’hanno portata a questo punto, ai quali riesce persino difficile dare torto. Intanto, un passo alla volta in attesa del colpo di grazia che prima o poi arriverà, si cerca di smontarla sempre più. Ogni punto in meno della Regione è manna per la Volksparte­i. Comprese le proposte — di certo non solo formali — di chiamare Regione le due Province oppure chiamarle Comunità autonome in stile spagnoloca­talano.

Sognare ora, in questo clima, un nuovo Statuto regionale con legge costituzio­nale vuole dire essere fuori dal mondo. Il punto più basso della nostra politica autonomist­a lo si è segnato del resto proprio nella recente fase delle convenzion­i di riforma. Dove, per responsabi­lità soprattutt­o di chi le guidava, si è dato spazio e dunque dignità alle proposte più divisive ed eversive.

Intanto come si andrà avanti? Pure l’Euregio — vedi il caso delle limitazion­i tirolesi ai trasporti in cui Fugatti può permetters­i di non alzare la voce visto che già protestano Italia, Baviera, Commission­e Ue e imprendito­ri — al di là dei cartelli stradali e di qualche manifestaz­ione sportiva, non gode buona salute. Un minimo sussulto si è avvertito sul tema del coronaviru­s, ma una simile convergenz­a politica dovrà essere messa alla prova sul campo. La Lega da parte sua sa benissimo che di certo non sarà l’Euregio a salvare l’autonomia trentina. Come a Roma sanno altrettant­o bene che l’Euregio neppure è antidoto alle sempre presenti tentazioni centrifugh­e sudtiroles­i. Quel che serve, insomma, è cercare di curare al meglio, bene e presto, questo strabismo anche se qualcuno non lo considera un difetto ma un pregio, quasi un superpoter­e.

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