Le borse green che spopolano e arrivano fino a Helsinki: l’innovazione (sociale) di Redo Il brand, made in Trentino, aprirà anche a Barcellona
Dimostrano che un’impresa sociale può produrre innovazione e può stare sul mercato senza tradire se stessa. Dimostrano che un’impresa sociale può rivolgersi a un pubblico internazionale, con vezzi social e ecommerce evoluto. L’idea è della cooperativa Alpi, che dal 1990 è attiva nell’ergoterapia (ossia la terapia occupazionale). Dal 2014 ha lanciato il marchio Redo upcycling e da allora realizza accessori moda (in particolare borse e zaini) e componenti d’arredo di design. Tutto ciò utilizzando materiali di recupero ceduti da aziende, cittadini, enti. Un’idea che nel tempo è cresciuta. «E presto — spiega Martino Orler, responsabile di Redo — apriremo un punto vendita anche a Bercellona».
Il marchio oggi è riconoscibile, ma dove si origina tutto? Come nasce l’idea di
ampliare l’attività di Alpi e creare Redo?
«Il nostro obiettivo ultimo è sempre lo stesso: offrire opportunità occupazionali. Nel caso di Redo, l’idea nasce dalla volontà di diversificare i fronti su cui siamo impegnati, andando incontro a un bisogno sociale espresso dal territorio che, specie dopo la crisi economica del 2010, si è intensificato. Alpi ha sempre operato nel contesto della psichiatria, lavorando per conto terzi e occupandosi di assemblaggio e confezionamento, quindi producendo lavoro terapeutico. Ma con il tempo s’è posta la necessità di rispondere a nuove istanze: dipendenze, persone uscite da periodi di detenzione, donne vittime di violenza domestica, richiedenti asilo. Ci siamo quindi posti il problema di rispondere in modo capillare a bisogni diversi e quindi diversificare l’attività della cooperativa. Ci piace pensare che noi facciamo borse per rispondere a un bisogno lavorativo del territorio: se domani capiamo che c’è un altro mercato interessante, che fa inserire persone, proveremo anche quello».
Da subito siete nati con un imprinting imprenditoriale.
«Siamo partiti dentro un terreno fertile: Alpi, strutturata sul territorio, ha sempre ragionato in termini di impresa ed è un valore immenso. Ci siamo sempre posti l’obiettivo di essere autonomi rispetto all’ente pubblico, per rispondere da soli al bisogno sociale attraverso il lavoro. Altra dote di Alpi è stata il lavoro per conto terzi sulla parte cucito: Redo è stato il rilancio di un laboratorio storico di cucito. Eravamo a un bivio, chiuderlo o rilanciarlo con qualcosa di nuovo. Da lì abbiamo messo a sistema ciò che avevamo: un paio di macchine da cucire e un paio di persone formate. Poi tante idee che via via si sono allineate quasi magicamente nella volontà di recuperare materiali e fare accessori moda. Pensavamo a un prodotto bello, di design, sostenibile nei materiali, dal punto di vista economico e da un punto di vista sociale. In questo ordine preciso perché volevamo distinguerci dal paradosso classico degli anni Novanta dove il sociale vende filantropia, mentre noi vogliamo vendere bellezza». E ora quali sono i numeri?
«A fine anno eravamo circa 35 persone e abbiamo venduto più di 30.000 articoli. Quanto all’e-commerce, è diffuso in tutta Europa: dalla Sicilia all’ordine più a nord arrivato da Helsinki».
Il referente Orler Volevamo distinguerci dal paradosso classico degli anni Novanta dove il sociale vende filantropia, noi vogliamo vendere bellezza sostenibile