Variante al Prg, architetti tiepidi: «Mancano le grandi visioni»
TRENTO Il giudizio non si discosta molto da quello formulato nel luglio scorso, all’indomani della prima adozione in Aula della variante 2019 al Piano regolatore generale di Trento.
Il documento sul quale il consiglio sta cercando un’intesa fuori dall’Aula a causa dell’emergenza sanitaria contiene «un Prg non così ambizioso come quello immaginato». Marco Giovanazzi, presidente dell’Ordine degli architetti trentini, si sofferma invece su quello che il coronavirus significherà anche per il futuro del capoluogo: «Un certo modo di concepire l’urbanistica dovrà essere ripensato alla luce della grande crisi economica cui andremo incontro» ammette.
Un esempio su tutti? Le zone produttive. «Si pensi — sottolinea — solo alla fascia da Gardolo a Lavis, con tutta una serie di capannoni abbandonati che stanno crollando. Se sono così adesso, immaginiamo l’anno prossimo. Saranno aree da ripensare, consentendo destinazioni diverse». Insomma, «chiunque sarà il nuovo sindaco dovrà prendere in mano la situazione e ripensare la città — sostiene Giovanazzi — questa variante è andata come andata, forse non si poteva nemmeno chiedere di più: l’urbanistica necessita di un forte consenso politico». Certo, come già espresso otto mesi fa, gli aspetti positivi nella variante non mancano, dalla riqualificazione dell’esistente al recupero dei sottotetti in funzione abitativa, dall’incremento delle aree a uso rurale all’identificazione di nuove zone per parchi e giardini pubblici ad esempio, ma nel complesso mancano le «grandi visioni» elaborate a suo tempo dal gruppo tecnico di lavoro formato da rappresentanti dell’amministrazione, dell’università e degli Ordini professionali che si occupano di trasformazioni del territorio che si era creato per
la predisposizione del Prg.
«Accolgo con molto piacere — aggiunge però Giovanazzi — la gara indetta dal Comune per estendere l’attuale sistema di tutela e valorizzazione dell’edificato storico anche agli episodi dell’architettura
moderna e contemporanea presenti in città come avevamo a suo tempo sollecitato».
Giovanazzi intanto guarda al futuro: «Sono tante le zone di Trento che avranno bisogno di un ripensamento — sostiene il presidente degli architetti — bisognerà rivalutare il centro storico, rivedere la viabilità, la zona di Palazzo delle Albere, la Bolghera con l’ospedale Santa Chiara: cosa ne sarà quando il Not vedrà la luce?».
Si tratta, secondo il presidente dell’Ordine, di «ridare una nuova gerarchia alle parti della città»: «Trento è nata su un modello policentrico, ci sono Mattarello, Gardolo, una collina cresciuta a dismisura — analizza — si tratta di grandi centri lontani uno dall’altro che creano problemi di traffico, per cui l’assetto della viabilità va ripensato. Senza dimenticare il grande tema dell’interramento della ferrovia, che imporrà scelte colossali. Servirà una forte volontà politica, le prossime elezioni comunali saranno strategiche proprio in vista di questi obiettivi».