TUTTI A CASA
Stanno tutti bene. Ma ancora una volta il mondo deve essere salvato dai ragazzini. Non quelli del ’99, coscritti precipitosamente nel primo conflitto mondiale, per andare tra il Piave e il Monte Grappa in trincea.
Sono i ragazzi di oggi, chiusi in casa dietro a un divano di sabbia, per dare l’idea. Secondo la logica virale il motto divide et impera si ribalta: per la prima volta una guerra si vince stando tutti divisi. Divisione di corpi e unità d’intenti.
Sembra che l’invisibile Covid 19 abbia studiato lo sbarco in Normandia e l’attacco di Pearl Harbor, per come è riuscito a coglierci di sorpresa: governi, mezzi di informazione, scienziati. Eppure l’esempio cinese era lì, con le curve epidemiologiche già fatte. Solo ora ci rendiamo conto della leggerezza che ci ha illusi. Un errore grave nel mondo aperto dove global e local sono una cosa sola, glocal. Un’innata ingenuità ha causato il ritardo e la dissincronia degli interventi, complice un carente coordinamento internazionale. È mancata la prontezza di chiamarla subito con il suo nome: pandemia, rivelatasi poi una specie di terza guerra mondiale, sottovalutata, forse per non diffondere il panico. O anche perché, nonostante tutto, siamo increduli della nostra mortalità. Viviamo con funambolico autoinganno, sospesi tra l’ansia fobica di morire e l’illusione che capiti sempre a un altro. Due argomenti in particolare ci hanno fuorviati: gli anziani e gli asintomatici. Pensare che morissero solo gli ottantenni è stato un equivoco: d’accordo, il dato statistico pur drammatico, poteva essere in qualche modo rassicurante — si pensi ai genitori di tanti bimbi — e serviva a prevenire la follia sociale, ma a forza di dire che morivano solo i vecchi i giovani si sono sentiti immuni. Dovevamo spiegare meglio che l’interazione tra virus e sistema immunitario può essere complessa e imprevedibile: normalmente soccombono prima gli immunodepressi, anziani e prematuri, ma come capita con altri virus l’infezione diventa fulminante per una risposta immunitaria incontrollata e autolesionista che non risparmia nemmeno un giovane ritenuto, un attimo prima, sano. E poi dire dei bimbi, ancora inspiegabilmente meno colpiti, ma ugualmente contagiosi. E i tamponi, che costano 30 euro a persona, mentre un giorno in terapia intensiva ne costa 3.000?
Il problema degli asintomatici: non avere sintomi fa bene solo a chi non li ha, non è scontato. Agli altri fa malissimo. Il virus è un filo di acido nucleico in lingerie proteica: con i più è neghittoso, con qualcuno gioca a raffreddore, gli altri li soffoca a polmonite interstiziale. Se una malattia desse sempre sintomi sarebbe facile da riconoscere e circoscrivere, si estinguerebbe più facilmente. Gli asintomatici sono il problema perché girano e per settimane sono contagiosi (il cosiddetto periodo finestra prima di una eventuale manifestazione in cui si possono contagiare 2-3 persone). Di fronte a un virus molto contagioso e cattivo il trucco è far finta di essere malati, comportarci come se lo fossimo. Si deve sapere che ragazzi di 20-30 anni sono finiti in terapia intensiva. Deve saperlo chi non vuole saperne di stare in casa: sapete cosa vuol dire essere intubati in terapia intensiva: sentirsi affogare ogni momento: temere di morire a ogni respiro: vivere per la totale carità di un infermiere: o per la distrazione o la clemenza del virus? I temi riscaldati dal virus sono infiniti: l’impatto degli interessi economici e politici, delle lobby, il divario tra nord e sud e tra est e ovest, per non dire dei complottismi. Ma soprattutto si alza una domanda enorme: com’è possibile nell’era della comunicazione globale fare certi errori di valutazione e di scollegamento tra paesi (mondoEuropaItalia) e poi tra persone? Darsi l’un l’altro dell’untore prima di collaborare? Farci cogliere di sorpresa? Ora che le notizie sono più virali dei virus sarebbe il tempo perfetto perché i virus si diffondessero meno delle notizie. Ora che ci troviamo tra asintomatici e intubati viene in mente un saggio che Umberto Eco scrisse 55 anni fa, «Apocalittici e integrati», sulla cultura di massa e sulla comunicazione. Gli apocalittici mettono la cultura su un piano sacro, non per tutti... «I social hanno dato voce a legioni di imbecilli» disse Eco anni dopo. Burioni dice la stessa cosa, la scienza non è democratica. Gli integrati credono invece nella libera circolazione di una cultura popolare, leggera, a buon prezzo ma a rischio di manipolazione commerciale. I primi temono che i secondi «sporchino» il sacro degenerando nel volgare, nello scarto altrimenti detto kitsch. Di sicuro la manipolazione delle notizie, al pari di malati e virus, è sacra e va affidata a mani pulite. Tutti, medici e comunicatori, combattano contro la medicina kitsch che prende subito l’occhio facile ma presto rivela il suo lato corrotto.