Mura e il Trentino «L’unico che feci entrare a casa mia»
TRENTO Era un habitué al Maso Cantanghel nella strada dei forti, ora chiuso, Gianni Mura. Spesso lo si poteva incrociare anche al ristorante Al Mas di Miola. Il grande giornalista, scomparso ieri all’età di 74 anni, amava e frequentava il Trentino. Questione di vini, di cui Mura era appassionato ed esperto: ne scriveva con la stessa sagacia e meravigliosa penna con cui tratteggiava tappe ciclistiche del Tour de France, o partite e storie di calcio. Questione soprattutto di cuore: sua moglie Paola — con cui Mura firmava una rubrica enogastronomica sul Venerdì — è trentina doc, di Baselga di Piné. E in Trentino Mura ha coltivato amicizie di una vita, come quella con Domenico Volpati, l’ex calciatore di Verona (fu tra i leader dello storico scudetto 1984-85) e Torino.
Volpati, oggi 69enne in splendida forma, lombardo di sangue, ma da quasi 40 anni stabilitosi a Castello di Fiemme e per lustri dentista a Cavalese, ricorda: «Con Mura fino a qualche anno fa ci vedevamo quando saliva da Milano, soprattutto in estate. Ultimamente non stava bene e ci sentivamo al telefono. Leggevo, come tanti, i suoi straordinari pezzi sul Tour — amo e frequento la Francia anch’io — e quando citava un ristorante di qualche località lo chiamavo per approfondire o per rimproverarlo bonariamente se aveva sbagliato l’indirizzo».
C’è affetto e un velo di tristezza nella voce di Volpati al telefono: «Ci siamo conosciuti durante il campionato 1984-85 con il Verona, quello dello scudetto. Lui ci seguiva come inviato di Repubblica, alternandosi con Gianni Brera. Ma abbiamo approfondito il rapporto qualche mese dopo, nell’estate del 1985, quando lo invitai qui a Castello di Fiemme. Lui si trovava con la moglie a Baselga di Pinè, a mezz’ora di strada, e mi telefonò per un’intervista. È stato l’unico giornalista che ho mai fatto entrare in casa mia. Lo incuriosivo, mi stimava come calciatore ed era colpito dal fatto che, mentre giocavo in serie A, studiassi Medicina». Galeotto poi fu il grande Gianni Brera: «Mura mi disse che era rimasto affascinato dalle parole che Brera, che ancora non conoscevo personalmente, spendeva su di me. Essendo io lombardo, Brera mi vedeva sotto una luce particolare e Mura, che è stato il suo vero allievo, allora disse che aveva un motivo in più per conoscermi. È stato un fuoriclasse, di quelli che nascono ogni 30-40 anni, il Maradona del giornalismo sportivo».