Corriere del Trentino

«Il segreto del teatro? Non dire no alla follia»

L’intervista Westermann, responsabi­le tecnica della fondazione Haydn di Trento e Bolzano: «Eravamo pronti con un’opera nuova. Surreale vederlo vuoto»

- Lucia Munaro

Tutti noi siamo stati a teatro almeno una volta, probabilme­nte, e dalla platea abbiamo applaudito gli attori in scena. Ma cosa si nasconde dietro le quinte, cosa avviene prima che si alzi il sipario, che sia una commedia, una tragedia o un’opera lirica? A svelare i segreti che si celano dietro le quinte è Barbara Westermann, responsabi­le tecnica della Fondazione Haydn di Trento e Bolzano. Lei vanta una lunga esperienza, di scenografa prima e in seguito di assistente tecnica per vari enti teatrali in Europa, fino a quando è approdata in questo ruolo a Bolzano nei primi anni Duemila, lavorando per le Vereingte Buehnen Bozen e poi per la fondazione Teatro Comunale di Bolzano. Nativa di Villingen nella Foresta Nera, dopo aver imparato il mestiere di designer grafico e studiato all’università di Hannover Storia e discipline delle arti e spettacolo è arrivata presto a occuparsi dell’aspetto tecnico in teatro, profession­e che svolge tuttora con la stessa passione degli inizi.

In cosa consiste il lavoro di responsabi­le tecnica in un teatro?

«Il mio compito è quello di attuare le idee del regista e dello scenografo, di tradurre in pratica le loro visioni. Questo significa, non disponendo la Fondazione

Haydn di una propria officina, di trovare prima gli artigiani che siano in grado di costruire le scenografi­e richieste, a volte fino a Venezia, Roma o Berlino o anche nella Repubblica Ceca, dove c’è una tradizione in questo campo. E poi di seguire le prove per mettere a punto tutti i dettagli, dalle scene alle luci, fino al momento della rappresent­azione».

E le riesce sempre?

«Confesso che a volte mi confronto con idee che appaiono folli e strampalat­e, ma nel mio

B. Westermann mestiere ho imparato a non dire subito di no e di rispondere “Ci penso su”. Poi ho la grande fortuna di lavorare qui a Bolzano con il team di tecnici di scena del Teatro Comunale, fanno anche loro proposte, così si arriva meglio a risolvere i problemi».

Come si trova a dirigere una squadra di tecnici?

«Il mio ruolo è quello di coordinare il lavoro di tutti per arrivare alla rappresent­azione. Il lavoro inoltre si è evoluto, al vecchio capo macchinist­a si richiedono ora altre competenze, sia amministra­tive che ingegneris­tiche. E ci sono sempre più donne in questo ruolo anche nei grandi teatri, a Parigi e Friburgo per esempio».

Cosa ha incontrato di speciale a Bolzano?

«A Bolzano ho conosciuto accanto a quello tedesco il linguaggio scenico italiano che è diverso, per esempio la graticcia, ovvero la struttura alloggiata in cima alla torre scenica nei teatri italiani è di legno e permette di fissare rocchetti e passare le corde in modo diverso del corrispond­ente tedesco. Questo cambia molto il lavoro. In Germania ci sono grossi enti legati a un singolo teatro e un allestimen­to può essere replicato per settimane, in Italia le compagnie vanno piuttosto in tournée e i singoli teatri sono in circuito. Questo sistema influisce anche sul lavoro di scena, che comporta il montaggio e poi lo smontaggio delle scenografi­e».

Qual è stato l’ultimo allestimen­to per cui ha lavorato?

«L’opera lirica “Toteis” che doveva andare in scena proprio nei giorni in cui è scoppiata l’emergenza sanitaria e ora è sospesa. È stata un’esperienza che non avevo mai vissuto prima: era tutto pronto per la prova generale e abbiamo dovuto chiudere. Ho fatto fatica ad accettarlo. Tutto è ancora lì sul palco del Teatro Comunale, surreale. Intanto rispetto anch’io le disposizio­ni e resto a casa come tutti».

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