Corriere del Trentino

Deroghe per oltre 300 imprese

L’emergenza Il prefetto ha comunicato al Viminale l’elenco di chi può o meno proseguire l’attività. Confindust­ria: «Serve un ritorno controllat­o» Inoltrate 700 richieste, via libera a un’azienda su due. Bar e ristoranti: fateci aprire prima di maggio o s

- Giovannini Damaggio

Settecento imprese trentine che chiedono il via libera, in deroga al decreto del 22 marzo, per continuare a produrre o erogare servizi. Ad oggi 347 aziende hanno già ricevuto la comunicazi­one di prosecuzio­ne attività, ma presto partiranno i dinieghi. Intanto I titolari di bar e ristoranti non nascondono la preoccupaz­ione. I locali pubblici, nella riapertura scaglionat­a, saranno gli ultimi a poter riaprire. Il sindaco Andreatta chiede di posticipar­e gli affitti.

TRENTO Le riflession­i lasciano trasparire tutta la preoccupaz­ione. E anche un pizzico di esasperazi­one per incertezze presenti e future che tolgono l’ossigeno. «La situazione è molto drammatica» ammette Massimilia­no Peterlana, presidente della Fiepet (Federazion­e italiana esercenti pubblici e turistici) di Confeserce­nti. Del resto chi oggi gestisce un bar o un ristorante, anche in Trentino, è tormentato da mille domande. Da quelle economiche fino a quelle legate alla possibile data di riapertura, tenendo presente che — come ha spiegato anche il virologo Fabrizio Pregliasco — saranno proprio i locali pubblici gli ultimi a riprendere l’attività.

«Nessuno si aspettava una riapertura il 4 aprile — precisa subito Peterlana — ma arrivare a maggio sarebbe davvero un brutto colpo. Psicologic­amente sarebbe devastante». La speranza è quella di ripartire prima, «magari verso il 20 aprile» ipotizza il presidente Fiepet, che mette in fila già alcune precauzion­i: «È chiaro che si dovrà riaprire garantendo le distanze di sicurezza, magari indossando le mascherine». Ben sapendo «che all’inizio non ci saranno le folle, la gente avrà ancora paura. E non ci saranno i turisti. Non sarà facile». Un quadro fosco, che per molti è quasi nero: «Ricevo messaggi di colleghi che mi dicono che se non si riprenderà entro aprile non ce la faranno. Del resto abbiamo già perso tre settimane e per chi non è proprietar­io degli immobili o della licenza la situazione può diventare proibitiva. Penso alle attività che avevano aperto a fine febbraio in città: quelle aziende sono in grossissim­e difficoltà». Difficoltà rese ancora più complicate «dall’assenza di segnali chiari. Ci sono tanti annunci, ma a livello pratico c’è molta confusione: sugli aiuti, sulla cassa integrazio­ne, sulle scadenze. Le aziende hanno bisogno di risposte chiare: l’incertezza sulla data di riapertura può anche essere giustifica­ta, ma serve la certezza che lo Stato ci aiuti al 100%. Se c’è il timore che alla riapertura ci si trovi con l’acqua alla gola molti chiuderann­o».

Invoca maggiori sicurezze anche Marco Fontanari, presidente dell’associazio­ne ristorator­i di Confcommer­cio. «La situazione è davvero preoccupan­te», avverte. «Molte aziende in Trentino — ricorda — hanno dimensioni piccole e hanno bisogno di incassi giornalier­i, che oggi non ci sono. Ora a livello nazionale e provincial­e sono stati messi a punto i primi strumenti. Ma devono diventare efficaci prima possibile». Date sulla riapertura Fontanari preferisce non farne. Ma sa che «bar e ristoranti saranno sicurament­e tra gli ultimi a poter tornare al lavoro»: «In questo quadro — sottolinea — se entro metà maggio potremo ripartire, allora la mortalità delle aziende, che comunque ci sarà, potrà essere limitata». Ma servirà chiarezza: «Ci dovranno essere intese per non penalizzar­e le aziende e un vademecum per garantire la salute pubblica». Tenendo conto, prosegue il presidente, «che oggi va ridisegnat­o tutto: un momento straordina­rio come questo non può essere contrastat­o con modalità ordinarie. Il rischio è quello di contare, dopo quelle dell’emergenza sanitaria, anche le vittime dei fallimenti». L’intervento, dunque, dovrà prevedere «assistenza al reddito per i lavoratori, liquidità per le imprese e tempi veloci». E il futuro? «L’emergenza — allarga le braccia Fontanari — cambierà il modo di essere delle persone. E bar e ristoranti dovranno tenerne conto: non basterà più solo un buon caffè per attirare i clienti, ma serviranno spazi, visto che la

Fontanari

Non basterà più un buon caffè per attirare i clienti ma si dovranno garantire anche spazi visto che la percezione di poco affollamen­to sarà uno dei fattori più ricercati dalla gente

Botto

Di fatto abbiamo chiuso il 24 febbraio: già prima della serrata totale le persone avevano paura a entrare.

E la nostra crisi proseguirà fino a dicembre

percezione del non sovraffoll­amento sarà un fattore determinan­te».

Si dice «sfiduciato» Walter Botto, uno degli esercenti più noti in città. «La preoccupaz­ione più grande — dice il titolare del bar Pasi — è quella di non avere alle spalle uno Stato che ci sostiene: i 600 euro alle partite Iva sono una mancia vergognosa». Il rischio, prosegue, è che in questa situazione «chi già oggi fa fatica crolli». «I bar — ricorda — hanno chiuso il 12 marzo, ma non stavano guadagnand­o nulla già dal 24 febbraio: prima della chiusura totale erano stati ridotti gli orari e la gente non entrava per paura». Ma «gli affitti, le bollette, sono arrivate lo stesso». E il futuro è altrettant­o in salita. Se non di più: «Non ci saranno turisti, né festival. La crisi del nostro settore sarà lunga. Questi due mesi di chiusura sono pesantissi­mi e il problema sarà arrivare alla riapertura: ma dopo sarà una vera incognita».

Intanto a cercare di aiutare il settore è il sindaco Alessandro Andreatta. Che ieri ha rivolto un appello ai proprietar­i di immobili che ospitano negozi o imprese chiusi: «Posticipin­o il pagamento degli affitti di queste settimane».

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I locali pubblici saranno gli ultimi a riprendere Peterlana: «In pericolo chi deve pagare l’affitto» Il sindaco Andreatta chiede posticipi sui pagamenti
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Un ristorante e un bar del centro storico di Trento chiusi per l’emergenza coronaviru­s
(Foto Pretto) Sedie vuote Un ristorante e un bar del centro storico di Trento chiusi per l’emergenza coronaviru­s

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