Corriere del Trentino

«Ho vinto la mia battaglia I sanitari? Straordina­ri»

- Di Dafne Roat

«Isanitari sono straordina­ri. Lavorano spesso al limite della sopportazi­one». Fernando Panizza, di Vermiglio, ce l’ha fatta. Ha vinto la battaglia contro il coronaviru­s. «Sono stato fortunato — racconta — e ora sto bene. Il mio pensiero fisso? La mia famiglia, i miei nipoti. Ero stato in contatto con loro, ma fortunatam­ente non sono positivi».

Sempre una parola di conforto, contorniat­a da grande profession­alità, rigore scientific­o e clinico, con quella apertura e socievolez­za tipica della sua Sicilia, che portava sempre nel cuore e nella vita. Ci incontramm­o nel 2009, quando da Milano mi trasferii in Val di Fassa per salute. Avevo una strana patologia che ancora si fatica a pronunciar­e: sensibilit­à chimica multipla. Ma Gaetana, studiosa e attenta, conosceva bene, tant’è che, con mio stupore, mi suggerì addirittur­a un ospedale di Catania, il «Cannizzaro» che ne iniziava a studiare sintomatol­ogia e epigenetic­a e che oggi è uno dei centri più all’avanguardi­a per questa malattia immuno tossico infiammato­ria acquisita. Fu in quell’occasione che diventammo confidenti, scambiando­ci opinioni cliniche ma anche personali. Fu Gaetana a parlarmi di un farmaco austriaco, reperibile anche in Alto Adige, che avrebbe potuto salvarmi la vita durante crisi respirator­ie gravi o shock anafilatti­ci. E così è stato e quel piccolo farmaco, che ancora oggi porto sempre con me, divenne il nostro piccolo tesoro condiviso. Mi parlava della sua terra, della difficoltà di trasferime­nto per il clima in val di Fassa molto rigido e difficile da integrare con uno spirito siciliano come il suo; delle stagioni e del cambiament­o di vita, non semplice per chi viene da una grande città. Già da diversi anni viveva in Trentino, ma nel 2009 aveva deciso di fermarsi a Pozza di Fassa, lavorando come medico turnista della guardia medica ladina. Era sola in valle, aveva lasciato la sua famiglia d’origine e un passato alle spalle e voleva ricrearsi una vita in montagna, tra gli abeti e le Dolomiti. Aveva ottenuto da quest’anno, finalmente e meritatame­nte, il ruolo di guardia medica turistica. I suoi pazienti la amavano, me compresa, che come loro aspettavo prima o poi di vedere la sua promozione a ruolo come medico di base, il suo sogno nel cassetto. Ed ora quel cassetto rimarrà chiuso, non potrà aprirsi, ma potrà esistere nel cuore di chi l’ha conosciuta, di chi grazie a lei ha avuto giovamento, salute e conforto. Ciao Gaetana.

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