«Stop giusto, ora garantiteci liquidità»
Il patron della Diatec Mosna analizza l’emergenza «Ogni giorno si traduce in una perdita di ricavi ma lo stop è giusto, anzi forse è stato tardivo»
«Lo stop è giusto ma ogni giorno di inattività si traduce in una perdita di ricavi per le aziende». Parola di Diego Mosna, che chiede di «garantire liquidità alle imprese».
TRENTO «Ogni giorno di stop si traduce in una perdita di ricavi per le aziende e, di conseguenza, in una ripartenza che sarà più pesante e complicata». Diego Mosna, presidente della holding Diatec Group e del Trentino volley cerca di fotografare la situazione attuale con grande realismo. «Ovviamente questo non significa che la tutela della salute debba essere sacrificata per gli interessi economici, però bisogna essere concreti e sperare che il sacrificio che stiamo compiendo in termini economici dia soddisfazioni dal punto di vista del contenimento dei contagi».
Presidente Mosna, lei è coinvolto da questa situazione in due business completamente diversi. Ritiene corrette le chiusure disposte dai decreti?
«Dobbiamo credere negli esperti, quindi sono d’accordo. Anzi, mi sembra che i provvedimenti di chiusura siano stati presi siano un po’ in ritardo, la reazione poteva essere più veloce. Ora iniziamo a vedere i benefici dal punto di vista dei numeri, forse li avremmo potuti vedere un po’ prima. La chiusura delle imprese e la conseguente diminuzione dei contatti tra le persone mi sembra che sia indispensabile, tanto che ora viene applicata in tutto il mondo».
Quali sono i livelli di produzione che state tenendo in Diatec?
«Siamo legati alla filiera dell’agro-alimentare per alcuni prodotti quindi, guardando il bicchiere mezzo pieno perché sono un ottimista, le dirò che siamo semi-operativi e non semi-fermi (ride, ndr). Nello stabilimento di Cles saranno presenti il 60% dei dipendenti ancora, anche se per ora non abbiamo attivato cassa integrazione e gestiamo la situazione con le ferie. È chiaro che ogni giorno che passa la domanda cala».
È già possibile fare una stima dei danni economici?
«I danni ci saranno e saranno enormi in ogni possibile scenario. Questa fermata per le aziende significa avere dei costi e non dei ricavi, per di più provenendo da un periodo non certo di boom economico. Mi auguro che si proceda ad una graduale riapertura di tutte quelle attività produttive che hanno sanificato gli ambienti di lavoro e siano in grado di rispettare le disposizioni del governo in materia di sicurezza. Le perdite? Troppo presto per dire una cifra. Nei prossimi giorni faattività remo un primo bilancio, ma per fare una stima adeguata dipenderà molto dalle riaperture non solo italiane, ma anche europee».
Le misure adottate dal governo per combattere la seconda emergenza, quella economica, la soddisfano?
«Lo dico subito: io faccio parte di quel coro di voci che sostiene che a Roma non ci stanno capendo molto su come gestire questa crisi. Quello che vedo è che si tenta di distribuire un reddito di modesta quantità a tutte le persone, mentre viene trascurata totalmente quella che è la prima fonte di distribuzione del reddito in circostanze normali. Le aziende non producono un reddito solo per l’imprenditore, ma per tutte le persone che ci lavorano. Misure di sostegno per questo settore dovrebbero essere una priorità al pari degli interventi per i più bisognosi. Dovrebbero esserci interventi per tutte le economiche, comprese partite Iva e artigiani, perché sono coloro che poi versano liquidità nelle casse dello Stato. Così, invece, si rischia di fermare questo flusso e mandare in crisi d’ossigeno lo Stato stesso».
Quali sarebbero le prime misure da adottare per aiutare le imprese?
«In primis rimandare le imposte per un periodo consistente di tempo, più di uno o due mesi. Per lo Stato l’impatto sarebbe limitato, mentre per le aziende sarebbe di grande aiuto. E poi servirebbero interventi per immettere liquidità nelle imprese direttamente dallo Stato, garantendo la continuità delle attività. Mi stupisce poi la scelta di impedire i licenziamenti per 60 giorni: ma se gli imprenditori non hanno i soldi per pagare gli stipendi, come dovrebbero fare?».
Anche lo sport si è fermato. La stagione rischia di non concludersi?
«Il settore è in grande affanno, ma conservo la speranza che si possa finire la stagione in maniera decorosa. Sono state rinviate tutte le competizioni che si sarebbero dovute svolgere in estate, quindi si potrebbe giocare più avanti, quando le autorità lo riterranno sicuro. Per me si può terminare la stagione anche a luglio, o addirittura ad agosto, se necessario. Questo ridurrebbe l’impatto negativo sulle società e darebbe un messaggio di speranza, di ripartenza alle persone».
Servono sostegni anche alle società sportive?
«Assolutamente sì, serve un secondo piano Marshall anche per il business dello sport. Dobbiamo evitare che le piccole società e i dilettanti chiudano per non riaprire mai. Ma da questo punto di vista il ministro Spadafora ha già promesso un impegno».
Nello stabilimento di Cles lavora ancora il 60% del personale. È prematuro quantificare il danno economico
A Roma non ci stanno capendo molto su come gestire questa crisi. In primis vanno rimandate le imposte