«In prima linea anche senza i dispositivi»
L’attacco della Cisl. Fugatti: no, era protetta
«Amava il suo lavoro, era in prima linea». Nicola Paoli (Cisl) ricorda con dolore e rabbia Dolore e rabbia la dottoressa Gaetana Trimarchi, Tania per gli amici, morta lunedì.
Dolore e rabbia. La dottoressa Gaetana Trimarchi, Tania per gli amici, era uno dei tanti medici in prima linea nella lotta quotidiana contro il coronavirus. Non in ospedale ma sul territorio, una presenza importante e amata.
In soli quindici giorni l’infezione da Covid-19 l’ha strappata all’affetto dei suoi familiari, dei suoi amici e colleghi, l’ha uccisa a soli 58 anni. Fa male. Perché Tania era una dei tanti sanitari che ogni giorno si sacrificano per aiutare i pazienti nella battaglia contro l’onda virale. E lei non si è mai fermata, con la sua gentilezza e disponibilità che tutti ricordano con commozione, neppure di fronte all’assenza di dispositivi di protezione. «Amava il suo lavoro, era sempre in prima linea anche senza protezioni — ricorda commosso il dottor Nicola Paoli, segretario della Cisl medici —, il 30 gennaio avevamo chiesto i dispositivi vedendo cosa stava succedendo in Cina, il 31 ci hanno dato un kit con una mascherina Ffp2 e 5 mascherine chirurgiche per i pazienti. Poi più nulla e così Tania lavorava con la mascherina chirurgica, così si è ammalata». Accuse che il presidente Maurizio Fugatti respinge: «Non si facciano polemiche, lavorava con i dispositivi di protezione, davanti alla morte ci si ferma». Intanto il direttore del Dipartimento prevenzione, Antonio Ferro, annuncia l’apertura di un’inchiesta interna «per verificare come è avvenuto il contagio».
Tania Trimarchi, siciliana (cresciuta in un centro vicino a Messina), era arrivata in val di Fassa una ventina di anni fa, negli anni 2000. Ed era rimasta. «Amava la montagna — ricorda Paoli — , le volevano tutti bene». Aveva lavorato per moltissimi anni come medico di continuità assistenziale. Cinque anni fa, dopo anni di precariato come supplente di altri colleghi, era stata ammessa alla scuola di specializzazione di Trento e a luglio aveva ottenuto la titolarità del posto di guardia medica a Pozza di Fassa. «A marzo avrebbe potuto entrare a lavorare come medico di base perché stanno implementando il personale nelle zone carenti — spiega Paoli — era il suo sogno». Trimarchi aveva ricevuto una chiamata per un paziente di Soraga, poi deceduto. Qualche giorno dopo si era sentita male, portata a Cavalese, si era aggravata ed era stata trasferita nel reparto di pneumologia di Arco, infine in rianimazione a Trento, ma il suo cuore, purtroppo, lunedì alle 17.30 si è fermato. Non aveva altre patologie evidenti.
«Era simpatica e cordiale — la ricorda Mario Larcher, direttore della Scuola di formazione in medicina generale — Era in prima linea nelle cure primarie, è il tributo che la classe medica del territorio paga per a un evento che ci ha visti lavorare sprovvisti di protezioni». Parole di cordoglio anche dall’Ordine degli infermieri (Opi) e dall’assessora alla salute Stefania Segnana: «Siamo profondamente addolorati e vicini alla famiglia».
Ferro Abbiamo aperto un’inchiesta interna per verificare come è avvenuto il contagio