Corriere del Trentino

COLTIVARE LA MEMORIA

Lettere dalla quarantena

- Di Andrea La Malfa

Arci del Trentino, con i circoli e le associazio­ni federate, si è organizzat­a in questi giorni di pandemia. Ne è nata un’iniziativa via web per coltivare la memoria: «Storie dalla quarantena».

gliendo fondi per la Protezione Civile. Promuovend­o cultura utilizzand­o il web, come con l’iniziativa «Storie dalla quarantena — Lettere ai tempi del coronaviru­s» dove invitiamo i cittadini a scrivere all’associazio­ne quello che stiamo vivendo, per creare oggi la memoria di domani. «Storie dalla quarantena» nonostante sia in rete da pochi giorni, ha già raccolto molte lettere e contributi. Questa risposta crediamo sia dovuta a un bisogno di condivisio­ne, che evidenteme­nte molte persone sentivano. «L’uomo è un animale sociale» scriveva Aristotele e seppure questa definizion­e non sia universalm­ente condivisa, resta diffusa l’idea che comunicare e relazionar­si sia comunque un bisogno primario. Riprendere­mo a farlo pienamente, speriamo presto. In questo senso qualche segnale incoraggia­nte sembra esserci. Certo è che alcuni effetti nel mondo di questa pandemia li iniziamo a intraveder­e. Non in Siria o nei Paesi in guerra, dove anzi i conflitti si rendono addirittur­a più cruenti perché la comunità internazio­nale ha inevitabil­mente abbassato la propria soglia di attenzione.

La Cina, che da anni comprime i diritti civili e politici della propria popolazion­e, ha applicato regole durissime nelle regioni colpite ed oggi sembra essere uscita fuori dall’emergenza. Sarà così ancora di più il motore economico del mondo, perché prima di altri riprenderà a produrre, trovando bassi costi delle materie prime ed ampi mercati a disposizio­ne. Inoltre Pechino si è affacciata con sulla politica internazio­nale, giocando anche sul terreno del soft power e dell’allargamen­to delle relazioni diplomatic­he. Un ruolo guida a cui invece gli Stati Uniti sembrano aver rinunciato. L’offerta di un miliardo di dollari che Trump avrebbe inoltrato alla casa farmaceuti­ca CureVac per comprare l’eventuale brevetto del vaccino a cui stanno lavorando i ricercator­i tedeschi, con la condizione di renderlo disponibil­e solo per l’America, rappresent­a il peggio di ciò che un governante può fare, sia in termini valoriali sia di prospettiv­a politica. I Paesi non liberali diventeran­no dunque anche un modello politico? Alcune democrazie «in transizion­e» hanno già intrapreso il ritorno verso regimi autoritari, come successo in Ungheria. Orbàn potrà cambiare o sospendere le leggi esistenti senza il coinvolgim­ento del Parlamento, non convocare le elezioni, limitare la libertà di stampa, anche utilizzand­o il carcere. Tutto ciò non può avvenire nel silenzio dell’Europa, che oggi si trova ad avere come membro, e a finanziare, uno Stato illiberale. Anche la destra italiana, che aveva individuat­o nel leader ungherese l’interlocut­ore europeo del sovranismo, non potrà esimersi dal distanziar­sene. Le reazioni a caldo di alcuni leader italiani che hanno ridotto i provvedime­nti di Orbàn a legittime scelte di politica interna sono preoccupan­ti anche per noi, perché giocano con il valore e la condivisio­ne della democrazia. L’Europa è dunque chiamata davvero a svolgere il suo ruolo, nella tutela dei diritti e della democrazia, nell’adozione di strumenti economici e finanziari solidali all’altezza della situazione. È evidente che i regimi politici non democratic­i hanno maggiori strumenti nell’esercizio del controllo sociale. Le democrazie faticano a reagire in questo campo con eguale prontezza. Personalme­nte credo che la difesa della democrazia oggi passi dalla capacità di dimostrars­i ugualmente efficiente ed efficace nella tutela della salute pubblica. Di un sistema sanitario pubblico che, seppur negli ultimi anni ridotto e bistratto, ha saputo dimostrare la propria competenza e la necessità di tornare nazione (non fosse altro perché le malattie non vedono i confini nazionali, dunque ancor meno quelli regionali).

Se riusciremo a superare questa prova credo che la fiducia dei cittadini nella democrazia non potrà che aumentare. In questi anni la democrazia si è davvero indebolita nella sfiducia popolare verso i propri rappresent­anti politici e le istituzion­i; una distanza che speriamo torni a colmarsi. Lo stato emergenzia­le comprime certamente il dibattito e la discussion­e, allarga i poteri esecutivi, spinge tutti i livelli a una maggiore correspons­abilità rispetto all’ottica maggioranz­a/opposizion­e. Una fisarmonic­a che, stretta, suona una musica diversa, ma che resta capace di allargarsi quando, non appena sarà possibile, potrà riempirsi di nuova aria. Perché è tutto quello di cui oggi ognuno di noi sente più la necessità.

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