L’attesa dei taxisti «Ore e ore fermi, chiamano gli anziani»
«Radio Taxi Trento» recita la voce meccanica del messaggio registrato, prima di passare la chiamata a uno dei pochi tassisti trentini ancora attivi in città. A rispondere è Stefano, fermo davanti alla stazione dei treni in piazza Dante da più di un’ora e mezza. La voce ha una sfumatura di delusione quando scopre che non siamo un cliente, uno dei pochissimi nella città vuota, ma subito prevale il bisogno di raccontare gli effetti di un’emergenza che non risparmia nessuno.
«Siamo tutti fermi. Nel primo periodo di emergenza, due settimane fa, la gente ancora si spostava — spiega —. C’erano persone non trentine che tornavano nella loro regione, o qualcuno che arrivava in stazione con il treno e aveva bisogno di portare le valigie a casa». La scure sui tassisti è calata il 25 marzo, con il decreto di chiusura che si è abbattuto su gran parte delle attività produttive. «Ma non noi. Il nostro codice ateco è compreso in quelli che possono continuare a lavorare, siamo considerati servizio pubblico di trasporto». Ma la verità è che con gli spostamenti limitati e le attività chiuse quasi più nessuno ha bisogno di un taxi. «Abbiamo ridotto di nostra spontanea volontà la presenza, non ha senso stare così tanti in strada. Di solito quattro di noi prendono servizio alle 5, alle 8 se ne aggiungono altri sette e alle 12 arrivano altre quattro macchine. Oggi siamo in servizio in sei, io sono fermo in stazione da 96 minuti, un mio collega entrato in servizio alle 5 di mattina in sei ore e mezza ha fatto due corse. In queste condizioni non riusciamo nemmeno a coprire le spese». Perché se è vero che a differenza di altre attività i tassisti non hanno la preoccupazione di dover pagare dipendenti e affitti, le spese fisse ci sono lo stesso: «Il commercialista, l’assicurazione, il mutuo di casa da pagare. Almeno se resto fermo non consumo carburante» commenta amaramente.
A utilizzare il servizio della
Cooperativa radio taxi di Trento, la principale rete di tassisti della città, sono principalmente anziani ancora autosufficienti ma ai quali è venuta a mancare la rete di supporto familiare nell’accompagnamento per piccole incombenze. «Durante la settimana veniamo chiamati da anziani che devono andare ad appuntamenti medici, un prelievo o un controllo, oppure a fare la spesa e non riescono a portare le borse. Ma sabato e domenica praticamente nulla».
Nonostante la penuria di clienti, la paura di fare un lavoro a contatto con le persone è sempre tanta. «Dal Comune ci è arrivata l’indicazione di portare massimo due persone per macchina e solo sul sedile posteriore. Poi ci siamo attrezzati autonomamente per proteggerci: mia moglie fa la sarta e mi ha cucito una mascherina, io ho installato un divisorio come nei taxi americani, così la gente non mi tossisce sul collo. Ora mi scusi, devo andare: è arrivata una chiamata, la prima in 105 minuti di attesa».
La storia
Abbiamo ridotto gli orari: sono in stazione da 96 minuti senza chiamate