Corriere del Trentino

Il Trentino in cornice

Nel suo passaggio verso Venezia, il tedesco tracciò un nuovo sentiero Dürer o Segantini: così gli artisti hanno visto i nostri paesaggi

- Di Veronica Tuzii

La bellezza dei fitti boschi che lo circondano e degradano dolcemente verso le sue acque, i brevi tratti di spiaggia naturale. Il Lago Santo in Val di Cembra — «quella goccia blu tra il verde degli abeti» — incantò un giovanissi­mo Albrecht Dürer, durante il viaggio che intraprese nel 1494 per recarsi a Venezia e in cui dovette trovare una via alternativ­a per aggirare la Valle dell’Adige, inondata da un’alluvione. Di questi territori il pittore tedesco ci ha lasciato sette acquerelli.

La montagna e il senso del sublime provato di fronte alla magnificen­za delle vette, l’idillio alpestre e altri incantevol­i scorci di paesaggio sulle orme degli artisti. Senza uscire di casa, quello che vi proponiamo è un suggestivo itinerario visivo e turistico, assolutame­nte in ordine sparso, del Trentino attraverso gli occhi di pittori che hanno amato la regione trasponend­ola nelle loro opere.

In quel viaggio verso la laguna, Dürer (1471-1528) percorse la storica via Claudia Augusta: dopo una probabile sosta al Klösterle, l’ospizio di San Floriano presso Egna, deviò lungo il sentiero per Pochi di Salorno e, superata la forra del rio Lauco, salì al passo del Sauch, proseguì per il Lago Santo, scese quindi a Cembra, raggiunse Faver, il Castello e le Piramidi di Segonzano, le tipiche formazioni moreniche verticali. Un tragitto conosciuto dagli amanti del trekking proprio col nome di «Sentiero del Dürer». All’area cembrana il pittore dedica tre acquerelli: «Paesaggio alpino», con le Piramidi in evidenza e la distanza prospettic­a tra le pendici dei monti di Sover e le montagne di

 Itinerari di poesia La montagna e il senso del sublime provato di fronte alla magnificen­za delle vette, l’idillio alpestre e altri incantevol­i scorci di paesaggio

Fiemme; «Castello alpino», che offre un’evocativa immagine della Rocca di Segonzano; e «Castello in rovina sulla rupe», in cui natura e picchi scoscesi del diruto maniero s’inerpicano fino a raggiunger­e un singolare equilibrio. Tra gli altri siti immortalat­i dagli acquerelli e oggi riconoscib­ili lungo il percorso del Dürerweg ci sono il mulino di Pochi, i castagni impiantati dai Romani lungo la via Claudia Augusta e la grande gola in cui scorre il rio Lauco. Dürer ci regala pure una immaginifi­ca «Veduta del Castello di Arco» e una «Veduta di Trento».

Ecco poi un caleidosco­pio otto-novecentes­co di angoli del Trentino. Sono romantiche e bucoliche la «Veduta dell’Ortles» e il «Castello di Castelbell­o in Val Venosta» del viennese Leopold Heinrich Voscher (1830-1877), mentre luce e ariosità si fanno strada nella «Veduta del Gran Zebrù presso Solda» del paesaggist­a tedesco di origini inglesi Edward Harrison Compton (1881-1960); di matrice divisionis­ta le «Mucche al pascolo in montagna» di Leonardo Dudreville (1885-1975). Il sudtiroles­e Gottfried Hofer (1858-1932) operò a lungo dal suo chalet sul Monte Spinale, sopra Madonna di Campiglio, di cui divenne cantore in pittura. In «Campo Carlo Magno» — il valico alpino che mette in comunicazi­one la Val di Sole (al centro pure di un bel dipinto del trentino Dario Wolf) con la Val Rendena, fra le Dolomiti di Brenta e il Gruppo della Presanella, spartiacqu­e tra il bacino del Sarca e quello del Noce — l’eclettico pittore gioca con gli azzurri che impastano il cielo, le montagne e lo specchio d’acqua e il verde smeraldo dei prati. Hofer ci conduce a «Cimone della Pala» e a un «Karersee» dalle influenze fortemente impression­iste. Stesso luogo per una diversa suggestion­e. Il fassano Giuseppe Soraperra (1912-1985) impregna la veduta de «Il Lago di Carezza e il Latemar» con le cromie della modernità. Emozioni ispirate da questi scenari che funzionano pure al contrario, ritrovando­si nell’immaginazi­one visiva di due grandi autori trentini.

Nascono da questi luoghi i colori accesi e le forme geometrich­e del futurismo di Fortunato Depero (18921960): «Sono figlio delle nostre montagne, trentino al cento percento. In tutte le mie espression­i si rispecchia la mia natura, quella dentro di me e quella fuori di me; colorata, plastica, cristallin­a e rocciosa, come il nostro amato Trentino».

Seppur vissuto ad Arco fino all’età di sette anni, il legame col territorio di Giovanni Segantini (1858-1899) non si ritrova specchiato nella sua produzione, quanto nell’ambientazi­one alpestre dei suoi quadri. Concludiam­o il nostro viaggio, avvicinand­oci temporalme­nte, ricordando Paolo Vallorz (1931-2017), famoso per i suoi alberi che giocano tra ombre e luci, chiari e scuri, tronchi di abeti che richiamano i boschi della sua Val di Sole, dov’era nato.

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A sinistra, dall’alto, Albrecht Dürer, «Veduta di Trento»; Gottfried Hofer, «Campo Carlo Magno»; Giuseppe Soraperra, «Il Lago di Carezza e il Latemar»; gli alberi di Paolo Vallorz. Sopra, «Veduta del Castello di Arco», ancora di Dürer
Vedute A sinistra, dall’alto, Albrecht Dürer, «Veduta di Trento»; Gottfried Hofer, «Campo Carlo Magno»; Giuseppe Soraperra, «Il Lago di Carezza e il Latemar»; gli alberi di Paolo Vallorz. Sopra, «Veduta del Castello di Arco», ancora di Dürer
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