Corriere del Trentino

«Pandemia, la fase due sarà delicata»

Pizzato (Cibio) invita a non abbassare la guardia «Troppe persone contagiose ancora in giro, improbabil­e che ci siano alleggerim­enti dopo Pasqua»

- Di Chiara Marsilli

La «fase due» di convivenza con il virus potrebbe durare anche un anno spiega Massimo Pizzato del Cibio.

La «fase due» di convivenza con il virus potrebbe durare anche un anno. A raffreddar­e le speranze di chi immaginava un finale di primavera finalmente libero dall’ombra del coronaviru­s è Massimo Pizzato, virologo e professore del Cibio di Povo ormai da settimane in prima linea nella ricerca di una cura per la pandemia.

Professore, a che punto siamo della pandemia?

«Il mio giudizio si basa sui dati di ricoveri e terapie intensive, che non stanno aumentando, e non sul numero degli infetti, che varia in base a quanti tamponi vengono effettuati e fatti analizzare. Il picco è stato raggiunto e ora dovrebbe iniziare la fase discendent­e. Ma si tratta di una fase critica: si potrebbe pensare che il problema sia risolto, quando invece è grave come prima e non ci si può rilassare né allentare la guardia. C’è ancora un numero consistent­e di persone contagiate che possono a loro volta contagiare altri».

Il governo ha prolungato il blocco totale fino al 13 aprile. Questo significa che dopo si potrà uscire, magari con le mascherine?

«La vedo dura. È difficile rispondere, si dovrà valutare di settimana in settimana, non possiamo prevedere nulla ma lo ritengo improbabil­e».

Il premier Giuseppe Conte ha parlato di una «fase due» di progressiv­a apertura nella quale dovremo «convivere con il virus». Cosa significa?

«Dovremo essere consapevol­i che il coronaviru­s è sempre dietro l’angolo. Dopo la fase pandemica entreremo in una fase endemica di diffusione, nella quale la presenza del virus diminuisce ma non scompare, rimanendo attivo in alcune persone. La situazione assomiglie­rà a quella precedente al 20 febbraio, quando c’erano già dei contagiati ma, non sospettand­o che il virus fosse già arrivato in Italia, non sono stati rilevati. Al momento non possiamo eliminare il virus, quindi la consapevol­ezza è l’unico strumento per mantenere dei comportame­nti che minimizzin­o la possibilit­à di sviluppo di nuovi focolai».

Quanto potrebbe durare questa fase prima del completo ritorno alla normalità?

«Anche un anno, di fatto fino a quando non verrà sviluppato e diffuso il vaccino che permetterà di immunizzar­e tutta la popolazion­e. I tempi di sviluppo del vaccino possono essere anche relativame­nte brevi, nell’ordine di qualche mese ma bisogna considerar­e anche quelli di sperimenta­zione clinica, di produzione di miliardi di dosi e di diffusione sul mercato: si arriverà alla seconda metà del 2021. Inoltre sarà importante scoprire l’effettivo tasso di mortalità del virus. Se questo fosse pari allo 0,5%, come sembra in Germania, non potremmo produrre un vaccino che crea problemi e controindi­cazioni nella stessa percentual­e. La sicurezza clinica è imprescind­ibile».

In questo periodo c’è il pericolo che qui come in Cina ci sia un ritorno allo stato di emergenza?

«Assolutame­nte sì. Inoltre permane l’incognita della stagionali­tà. Non sappiamo ancora se il coronaviru­s, come la normale influenza, segua dei cicli stagionali. Il rischio è che il virus torni a colpire il prossimo inverno, vanificand­o i progressi fatti».

Che strategie possono essere utili per evitare questa possibilit­à?

«È fondamenta­le che chiunque abbia dei sintomi lo dichiari immediatam­ente e che vengano fatti subito i tamponi per verificare l’eventuale contagio e limitarne la diffusione. Ciò si basa su uno spirito di collaboraz­ione

Gli stadi

«Il Covid-19 è sempre dietro l’angolo. Dopo la fase pandemica ci sarà quella endemica»

immediato e assoluto. Per questo sono favorevole a qualsiasi strategia o tecnologia che faciliti questa condivisio­ne. Poi vanno implementa­te le analisi. Il tampone rileva esclusivam­ente il virus nella fase attiva dell’infezione, e non serve a identifica­re chi è già venuto a contatto con il virus, è guarito e ha sviluppato gli anticorpi della risposta immunitari­a naturale. L’Azienda sanitaria provincial­e ha appena installato un nuovo sistema diagnostic­o che, attraverso un prelievo del sangue, permette di identifica­re l’eventuale contatto con il virus. Uno strumento utilissimo per capire chi è immune e può tornare a lavorare a contatto con le persone a rischio come nel caso degli operatori sanitari e altre profession­i».

 ??  ?? In laboratori­o Massimo Pizzato è un virologo e professore associato di microbiolo­gia generale all’università di Trento
In laboratori­o Massimo Pizzato è un virologo e professore associato di microbiolo­gia generale all’università di Trento

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy