«Stagione estiva, cali del 60%»
Parla Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef «Ora dobbiamo remare tutti nella stessa direzione La stagione estiva? Se parte previsti cali del 60%»
Valeria Ghezzi smorza le polemiche: «Ora non servono». Previsti cali pesanti in estate, timori per i lavoratori.
TRENTO «In questo momento storico le polemiche su quello che si sarebbe potuto fare o evitare non hanno senso. Dobbiamo remare tutti nella stessa direzione in questo momento difficile». Valeria Ghezzi, presidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari, vuole smorzare i toni riguardo la discussione sul weekend del 7 e 8 marzo, quando le piste trentine sono rimaste aperte. Il direttore dell’Azienda sanitaria trentina Paolo Bordon, infatti, aveva detto nella conferenza stampa di lunedì che il turismo lombardo è stato una delle principali cause della diffusione del virus in Trentino, anche se allora era difficile da immaginare.
Presidente Ghezzi, è stato un errore ritardare la chiusura degli impianti?
«Come ho detto prima, ora non ha senso parlarne. In Lombardia gli impianti chiusero il 7 sera, in Trentino il 9. La differenza è stata di soli due giorni. E le assicuro che quando è stato annunciato il decreto della chiusura della Lombardia tantissime persone sono partite la sera stessa per tornare a casa, quindi l’8 non è stata una giornata così critica come la precedente. E poi la linea da seguire non era così netta allora, c’era disaccordo anche tra molti esperti sui comportamenti da tenere. Anche in altri settori, penso ad esempio alla scuola, i territori hanno preso decisioni diverse, fino a quando il Governo ha definito la linea per tutti. Per di più gli impianti sono considerate attività di pubblico trasporto. Se avessimo deciso per una chiusura autonoma avremmo potuto avere problemi ad accedere agli ammortizzatori sociali».
Fino a quel weekend la stagione era stata positiva.
«Assolutamente sì, fino all’8 marzo gli impianti sono stati molto frequentati e la stagione era più che positiva».
Poi lo stop forzato, con almeno un mese di anticipo sulla tabella di marcia. È possibile fare una stima di quanto ha perso l’intero settore?
«Stiamo facendo una valutazione, per il momento posso dirle che solo San Martino di Castrozza, il complesso più piccolo del Trentino, ha perso almeno un milione di euro. Le condizioni fantastiche in cui si trovano le piste, infatti, avrebbero attirato sciatori fino a Pasqua».
All’orizzonte c’è la stagione estiva. Cosa si aspetta?
«Se sarà possibile ripartire, le previsioni dicono che su tutto l’arco alpino ci sarà un forte ribasso, in media del 60% rispetto all’anno scorso. Dobbiamo considerare che poche persone avranno soldi e giorni di ferie a disposizione. Mi auguro che si investa in una forte campagna di sensibilizzazione per sponsorizzare la vacanza in Italia, anche perché i turisti esteri li vedremo tra tanto tempo».
La stagione invernale sarà quella del rilancio?
«Mi piacerebbe poter dire di sì, ma la verità è che servirebbe un indovino. Sono gli stessi esperti che tutte le sere ci dicono che è impossibile sapere con certezza quando finirà. Ci adeguiamo alle indicazioni, non chiediamo di riaprire perché non ne abbiamo le conoscenze. Ci limitiamo a dire al Governo di prepararsi per aiutarci a ripartire».
Quanti lavoratori ha coinvolto questa crisi?
«Questo è l’aspetto che mi preoccupa maggiormente. Circa un terzo dei nostri dipendenti sono fissi, la metà stagionali e il 20% sono bi-stagionali, vale a dire che lavorano sia in estate sia in inverno. Quest’ultima fetta è la più esposta, perché è abituata a lavorare praticamente tutto l’anno e non so se riusciranno ad arrivare fino alla stagione invernale con la cassa integrazione e la disoccupazione se non potremo garantirgli il lavoro questa estate. Chiederemo un aiuto alla Provincia».
Questa emergenza modificherà il modo di gestire gli impianti e il turismo?
«Sicuramente vedremo per tanto tempo le persone con le mascherine. Sulle piste il problema delle distanze non esiste. Il nodo da sciogliere sono le cabine. Possiamo anche contingentare le persone che salgono sulle cabine, ma il problema lo si troverebbe sulle code che si creano. E aggiungo, come è possibile limitare l’affollamento nei bar? E che senso avrebbe imporre limiti diversi in ogni Regione? Per questo penso che se ci saranno dei nuovi regolamenti, questi debbano essere statali. Perché i virus non si fermano con i confini geografici».
Vorrei dire che la stagione invernale sarà quella del rilancio, ma non ne abbiamo la certezza. Invogliamo le persone a fare le ferie in Italia