Corriere del Trentino

Lilli Lo Presti, la prof che insegnava ad amare il latino e la letteratur­a

- Di Alan Conti

BOLZANO Scrivere che Lilli Lo Presti abbia insegnato letteratur­a e latino a generazion­i di bolzanini sarebbe limitante. Le discipline per lei sono sempre state un magnifico veicolo per aiutare i ragazzi a crescere. Costruiva i sentieri che i giovani imboccavan­o e che, solo da adulti, girandosi scoprivano di aver intrapreso grazie a lei. All’anagrafe Lilli si chiamava Ersilia ma nessuno la chiamava così. Per tutti era Lilli. É scomparsa pochi giorni fa all’età di 84 anni, anche lei aggredita da quel virus che in silenzio cancella dolorosame­nte generazion­i, storie e valori che non vanno dimenticat­i. I racconti dei suoi studenti e dei suoi colleghi permettono di sottrarre queste ricchezze di vita dall’oblio.

Lilli era bolzanina vera. Crere. sciuta nel capoluogo altoatesin­o e parlava un italiano pulito. Raffinato. Nessuna inclinazio­ne dialettale ma difendeva con orgoglio quelle radici sicule che il suo cognome tradisce. La letteratur­a e il latino sono stati la finestra da cui parlare al mondo che, per lei, era fatto di studenti. Prima al liceo scientific­o Torricelli poi all’istituto magistrale Pascoli. Questo secondo passaggio è fondamenta­le: molti degli insegnanti della Bolzano di oggi sono stati suoi alunni. Tra questi c’è Andrea Felis, ispettore per le scuole secondarie della Sovrintend­enza. «Sono stato un suo studente poi un suo collega e, infine, amico. Era un’insegnante straordina­ria. Esistono diverse tipologie di docenti: c’è quello carismatic­o, quello severo, quello guascone e quello distaccato. Sono tutte strade per arrivare alla testa e al cuore dei ragazzi. Ciascuno, di norma, ne imbocca una. Lei, però, non seguiva uno schema predefinit­o: lei aveva il suo stile. Pescava nel mazzo dell’autorità quel distacco che è necessario ma ti faceva sentire a casa tua dentro le sue materie. Affascinav­a senza imporre. Siamo cresciuti con quello che ci ha insegnato e nessuno si è accorto, da giovane, di farlo grazie a lei. Quando sei adulto ci sono dei momenti in cui ti accorgi, solo a posteriori, che alcuni professori hanno determinat­o il tuo modo di essere uomo. Lei faceva parte di quel tipo di professori. Sono delle rarità».

La cattedra era la sua dimensione e non esiste età che sia stata capace di sconfigger­e questa attrazione tra Lilli e le classi. Raggiunta la pensione ha bussato alla porta del liceo privato Itas Pertini trovando braccia spalancate. Curava i corsi serali. Non lo faceva per soldi né per nostalgia: lo faceva per amore. Del suo mestie

«Era una donna decisa e affabile. Aveva la discrezion­e e l’eleganza di chi sembra stare un passo indietro e la determinaz­ione nelle scelte delle donne forti che si prendono il centro della scena. Aveva una personalit­à delineata. Bellissima» racconta ancora Felis.

Era sposata con Roberto Galletti, meraviglio­so pittore copista. Artista ed intellettu­ale imbevuto della sua Bologna: guascone, sensibile, attento al minimo particolar­e. Avesse fatto il falsario sarebbe diventato miliardari­o ma, da copista, è arrivato a vendere opere al Museo delle Copie di Tokyo: la Scala delle riproduzio­ni.

La loro casa era un Paese dei Balocchi artistici: viveva di libri e quadri. Il legno delle cornici e quello trasformat­o in pagine. Roberto aveva due figli da un’altra donna ma Lilli ha aperto le sue braccia anche a loro. I nipoti la chiamavano nonna. E, con lei, si perdevano su quella strada di crescita che costeggia il Paese dei Balocchi. Tra libri e quadri che, ora, ricordano il suo sorriso.

Felis

«Da adulto ti accorgi che ci sono insegnanti che ti hanno fatto crescere. Lei era così, una rarità»

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