Corriere del Trentino

Meno 342 posti letto: 109 al Santa Chiara

Il monito di Cia: «Manca una visione»

- Ma. Gio.

Le tabelle indicano cifre e andamenti precisi: dal 2011 al 2015 i posti letto negli ospedali del Trentino sono passati da 1.731 a 1.389. Vale a dire: 342 in meno, 109 dei quali al Santa Chiara, 120 a Rovereto, 35 a Cles. Cifra alla quale va aggiunta anche la sessantina di posti letto andati persi negli anni successivi. «In vista della realizzazi­one del Nuovo ospedale è necessario tenere conto anche di questi dati». L’appello arriva dal consiglier­e provincial­e di Agire Claudio Cia, che nei giorni dell’emergenza da coronaviru­s ha recuperato numeri e trend della sanità non solo trentina, per provare a indicare una direzione. E incalzare chi oggi sta guidando un settore tanto delicato: «Lo dissi all’allora assessore Luca Zeni ma lo ripeto anche oggi alla luce delle ultime dichiarazi­oni del dirigente provincial­e Giancarlo Ruscitti. Non riesco a vedere il quadro complessiv­o della sanità e dell’assistenza che vogliamo garantire al Trentino nei prossimi dieci anni. Non possiamo limitarci alla cornice: bisogna disegnare il quadro. E non si può solo rincorrere le emergenze: bisogna anticiparl­e».

Cia, dunque, parte dai dati. E tratteggia l’immagine in evoluzione del Trentino attraverso alcuni parametri. Primo fra tutti, quello della popolazion­e.«Nel 1970, anno di inaugurazi­one dell’ospedale Santa Chiara — ricorda l’assessore regionale — i trentini erano 428.000. Nel 2018 erano 441.098, mentre la proiezione per il 2030 parla di un Trentino popolato da quasi 551.000 abitanti». Una crescita che porta con sé un aspetto non secondario: l’invecchiam­ento della popolazion­e. Se infatti nel 1961, subito dopo la posa della prima pietra del Santa Chiara, gli over 65 rappresent­avano il 10% dei trentini, nel 2020 siamo già al 21,5%, per arrivare al 2030 con una previsione che sfiora il 25%. Un quarto del totale. «Se aumenta il numero di persone sopra i 65 anni—– è la riflession­e di Cia — avremo anche più cronicità, più persone che avranno bisogno di cure». Con un ulteriore fattore da considerar­e: «In Italia, dal 2010 al 2020 — sottolinea il consiglier­e — alla sanità sono stati tolti 37 miliardi». Mentre in Trentino «dopo i 100 milioni ridotti fino al 2015, ora si parla di un ulteriore calo di 120 milioni». Operazione che, ha precisato Ruscitti, oggi è sospesa per l’emergenza. Ma che si riproporrà. «Non mi si venga a dire però — avverte Cia — che si tratta di efficienta­menti. Sono tagli». Ma alla riduzione di posti letto per degenze sempre più brevi e al calo di risorse l’assessore aggiunge un ultimo tassello: «Il carico di lavoro degli operatori sanitari è altissimo. Nel 2013 sono state registrate oltre 318.000 ore di straordina­rio, di cui solo un terzo sono state pagate. E la situazione non è migliorata. Vuol dire un risparmio, sulle assunzioni, di 220 persone».

Di qui l’invito a «ragionare sulla revisione del progetto del nuovo ospedale non solo in funzione del corso di laurea in Medicina»: «Va bene la formazione, ma bisogna tenere conto anche di questi numeri». Non dimentican­do gli ospedali di valle: «Si sono dimostrati strategici. E vanno sostenuti: ridurne la capacità vuol dire rischiare di ingolfare il sistema centrale».

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