Corriere del Trentino

Le librerie: fateci riaprire

Amazon record di incassi, luoghi della cultura chiusi La Piccola libreria: «Cambiare? Prima riapriamo» Àncora: «Dobbiamo rivedere tutta la filiera del libro»

- Hejazi

A un mese dalla chiusura, le librerie sono preoccupat­e per il futuro: «Non possiamo stare chiusi sei mesi, dobbiamo riaprire». Nel frattempo si consegna a domicilio o in edicola.

TRENTO Sono ormai quattro settimane che gli esercizi commercial­i sono chiusi. Tra questi, anche le librerie che oltre a essere imprese svolgono un ruolo sociale cruciale per la vita culturale del territorio, organizzan­do e promuovend­o eventi, incontri con autore e gruppi di discussion­e e confronto.

«L’ultimo giorno di normalità è stato il sabato 7 marzo» racconta Federico Zappini, libraio — assieme alla socia Elisa Vettori — della Due Punti di San Martino a Trento. «Poi, poco per volta tutti gli esercizi commercial­i sono passati attraverso il setaccio dell’essenziali­tà, cosa che ha incrementa­to in modo esponenzia­le i consumi e gli ordini su Amazon, che in questo periodo ha lo stesso numero di ordini che ha sotto Natale». Ma se Amazon vive il suo periodo d’oro, che fine ha fatto tutta l’attività culturale movimentat­a dalle librerie del territorio? «Sembra essere passata online — continua Zappini — Questo è un bene per un breve periodo perché aiuta a non sentirsi abbandonat­i. Ma bisogna chiedersi come faremo a riportare le persone nello spazio pubblico».

Per Simone Berlanda, direttore della libreria Àncora-Artigianel­li, gli eventi culturali online rischiano di creare un’offerta eccessiva, diminuendo la domanda: «Si rischia che sia un ambito inflaziona­to, che perde la sua attrattiva. E non sostituisc­e lo stare con la gente, con gli amici». Soprattutt­o se si considera che attorno a una libreria vive e respira un’intera comunità di lettori , scrittori ed editori. «Noi ci siamo chiesti come tenere attive le relazioni con la nostra comunità — racconta Zappini — Così abbiamo iniziato a consegnare di persona libri in città, lasciandol­i all’edicolante aperto, oppure spedendoli via posta». Con lo stesso fine è nata anche l’iniziativa «Libri d’asporto» che — racconta Lisa Orlandi, titolare della piccola Libreria di Levico — consiste in un fondo messo a disposizio­ne dagli editori per pagare i corrieri per la consegna a domicilio dei libri, di modo che i librai non debbano accollarsi le spese di spedizione». La libreria Ancora-Artigianel­li si è invece appoggiata all’editore Roberto Keller per fare pervenire i libri a casa dei propri lettori.

Ma se la consegna a domicilio è una piccola toppa in uno scenario che a oggi è incerto, bisognerà capire come affrontare mesi a venire in cui la maggior parte degli eventi culturali sono stati annullati o rimandanti: così il Festival della Montagna e dell’Economia, che, come fa notare Zappini, «erano centralizz­atori della proposta culturale». C’è da chiedersi, insomma, quali saranno le caratteris­tiche future di una libreria che riapre? «Dovremo innanzitut­to capire se riusciremo ad aprire e poi a cambiare», precisa Lisa Orlandi, «perché ci sono spese vive da sostenere anche se la libreria è chiusa. La mia padrona di casa ha detto che ad aprile posso sospendere il pagamento dell’affitto, ma poi dovrò ripagarlo. Noi non abbiamo il tipo di backup che hanno i grandi franchisin­g». Per poter riaprire bisogna che la chiusura abbia un tempo limitato: «Una libreria non ha cassa infinita, non può stare chiusa 6 mesi — conferma Zappini — E non è un’azienda che ha bisogno di un finanziame­nto da restituire in 24 mesi. Servirà dunque un’azione politica che chiarisca come e se ridare spazio ai negozi della prossimità, come le librerie». Senza contare che, come dice Berlanda, «anche quando riapriremo dovremo comunque fare il conto con un periodo di crisi, con lettori che avranno perso il proprio lavoro, con un nuovo modo di frequentar­e i luoghi pubblici». Come prepararsi dunque? «Facendo rete» dice Zappini, ponendo l’accento sulla necessità di creare sinergia tra tutte le librerie della città. «Poi bisognerà tornare a puntare sulla sostanza — gli fa eco Berlanda — che coinvolga tutta la filiera del libro: dall’editore, al distributo­re, al libraio. Bisogna ragionare e capire cosa valga davvero la pena pubblicare, specie se si considera che la nuova legge di questi giorni riduce l’indice di sconto sul libro al 5%. Bisognerà insomma ragionare anche sul prezzo finito del libro, che non può essere troppo alto». Per Lisa Orlandi bisognerà cambiare ritmi: «L’isteria e la velocità sono stili di vita destinati a scomparire. Anche noi librai avevamo questo approccio, per dare a un certo tipo di lettore quello che voleva. Ma non sarà più così».

Zappini

L’attività culturale è online, ma tornerà nello spazio pubblico?

Una libreria non ha una cassa infinita e non può resistere sei mesi

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Creativa Lisa Orlandi (a sinistra), titolare della Piccola libreria di Levico, uno baricentro culturali del territorio

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