«Si dovrà agire per priorità: servono interventi rapidi per chi oggi non ha tutele Subito al via i settori pronti» Il giurista Salomone: «Bene i team. Mi sono sentito solo»
TRENTO La prospettiva è chiara: «È necessario intervenire in fretta, ma bisogna farlo nel modo più sensato possibile». In vista dei primi incontri operativi dei due gruppi di lavoro istituiti dalla Provincia per disegnare la Fase 2, Riccardo Salomone — giurista e presidente di Agenzia del lavoro, membro dei team — tratteggia con precisione il metodo che gli esperti dovranno seguire per arrivare a «soluzioni concrete» in tempi brevi. Addentrandosi anche nel merito delle questioni che finiranno a giorni sui taccuini dei tecnici. Primo fra tutti, il nodo del lavoro, sul quale il professore ha ben chiari i margini di manovra.
Professor Salomone, dopo il primo vertice i gruppi di lavoro dovranno entrare nel dettaglio: la fase 2 diventa un passaggio strategico.
«I gruppi di lavoro non sono ancora nel pieno dell’attività, ma è già stata abbozzata una programmazione. Si seguirà una linea simile a quella scelta per il forum della ricerca, partendo dall’ascolto dei portatori di interesse, per raccoglierne i bisogni: ci confronteremo a breve con imprenditori, sindacati, aziende, Comuni. È importante intervenire in fretta, ma in modo sensato, senza rischiare di calare soluzioni dall’alto».
Crede che la scelta di affidarsi a gruppi di lavoro di esperti sia corretta?
«È positivo avere una regia. Ammetto che nelle ultime settimane mi sono sentito un po’ solo. Mi è mancata la possibilità di dialogare con chi ha altre competenze rispetto alle mie: ho sofferto questa visione stretta. Il gruppo di lavoro colma questo gap. La parte
Il metodo Si dovrà lavorare in fretta ma nel modo più sensato Non si possono calare le soluzioni dall’alto: ascolteremo i soggetti coinvolti
più difficile sarà mettere a terra i progetti. Credo sarà inevitabile ragionare per priorità, partendo dai target più fragili. Si dovranno inoltre elaborare scenari diversi dove inserire le varie ipotesi di intervento con un cronoprogramma variabile. Non sarà facile decidere in tempi stretti».
Entriamo nello specifico del mondo del lavoro. Come agire questa fase?
«Si devono innanzitutto sostenere le persone che in questo momento non hanno forme di reddito, nemmeno la cassa integrazione messa in atto dallo Stato».
Non i dipendenti.
«I dipendenti in questo momento sono protetti. E l’80% della retribuzione garantito dalla cassa è dignitoso. Si potrebbe in prospettiva pensare, con l’autonomia, di portare la percentuale al 90%.
Ma non è la priorità: qui interverrei in maniera residuale».
Qualche preoccupazione sulla cassa integrazione c’è: i tempi, le modalità.
«L’azienda può seguire due strade: può anticipare i soldi ai dipendenti o appoggiarsi immediatamente all’Inps. È chiaro che questa seconda opzione rischia di portare con sé ritardi nei pagamenti. È un punto delicato: si potrebbe innestare una iniziativa facendo leva sull’autonomia».
In che modo?
«Si potrebbe dare attuazione locale alla convenzione nazionale che prevede la possibilità di attivare un conto corrente ad hoc dove ricevere in anticipo dalla banca il corrispettivo della somma della cassa integrazione, da restituire poi a tasso zero all’istituto di credito al momento dell’erogazione dell’importo da
dell’Inps. In Trentino si potrebbe valorizzare il credito cooperativo, ragionando su un sistema di garanzia alle banche e azzerando i costi di accesso al credito bancario da parte del lavoratore».
Ci sono poi le persone che alla cassa integrazione non accedono neppure.
«Sono la priorità. Vanno intercettati. Penso agli stagionali con contratto non attivo al momento dell’emergenza, ma anche a chi sta finendo i mesi di disoccupazione. Per loro andranno trovate soluzioni, prolungando il periodo di disoccupazione o prevedendo una erogazione monetaria ad hoc».
Le risorse sono poche.
«È vero. Una stima va fatta. La Provincia ha stanziato due milioni per Agenzia del lavoro recentemente. E altri due milioni li potremo recuperare dal nostro bilancio. Ma ripeto: si deve ragionare per priorità, affrontando prima il nodo dei target a rischio e concentrandosi poi su chi un sostegno ce l’ha. Ci sono però anche altre strade da approfondire».
Quali?
«A livello locale si potrebbero potenziare i voucher statali. E vanno rafforzate le politiche di attivazione a distanza. Non è una misura immediata, ma va programmata. Temo che, come durante l’ultima crisi, rivedremo le file di disoccupati davanti ai centri per l’impiego. Siamo abituati alla presenza fisica nei centri: cosa che nell’immediato futuro non sarà praticabile. Per questo servono alternative, puntando su contatti e formazione a distanza. C’è poi un altro tema da affrontare: si dovranno individuare quei settori in grado di ripartire rapidamente nel giro di qualche settimana. Penso all’agricoltura. Dove, tra l’altro, c’è una grande richiesta di lavoro».
E la manodopera manca.
«Si potrebbe verificare se, dai settori oggi in difficoltà, ci sono persone disponibili a lavorare in agricoltura. Ad esempio dal turismo. Certo, non è facile e non vale per tutti. Ma si potrebbe creare qualche ponte, qualche pacchetto formazione».
Intanto il governo nazionale ha varato il decreto liquidità. Cosa ne pensa?
«Posto che è positivo vedere lo Stato che cerca di muoversi in fretta a favore delle imprese, non credo che questa manovra risolverà i problemi. Gli interventi a favore della liquidità sono preziosi, ma si sta parlando di forme di prestito, che comportano dei rischi. Non so quanti imprenditori saranno disponibili a seguire questa strada».