Pieve San Lorenzo
Il complesso medievale di Vigo Lomaso narrato in un libro, tra storia e archeologia «Simbolo del potere di Odorico da Saiano»
Un unicum architettonico dell’edilizia medievale trentina per la sua articolazione, le forme e soprattutto per il battistero ottagonale che lo contraddistingue. Un cantiere iniziato nel Duecento, che ha dato il via alla costruzione monumentale di un complesso pievano posizionato non in un centro abitato, ma al centro di un distretto compreso tra Stenico e Andalo. Dobbiamo immaginare che tutti i fedeli di quell’ampia zona, a piedi e percorrendo distanze anche molto lunghe, vi si recassero per la messa domenicale e per tutte le feste di precetto.
È la Pieve di San Lorenzo di Vigo Lomaso, nelle Giudicarie, a cui la Soprintendenza dei beni culturali della Provincia di Trento con il Comune di Comano Terme, ha dedicato uno studio approfondito, iniziato nel 2015 e confluito nel volume Alle origini della Pieve di San Lorenzo. Storia e archeologia del costruito e del contesto (2019). In oltre 190 pagine sono stati esaminati strutture, materiali, tecniche delle parti più antiche del complesso, direttamente legate alla sua fondazione e al cantiere che diede forma alle sue architetture. Un lavoro analitico, suddiviso in dieci capitoli a firma di quindici autori, coordinato dall’archeologo Enrico Cavada.
Cavada, perché all’alba del Duecento si avviò un cantiere così importante in una zona periferica del Trentino?
«Il Duecento è un secolo importante, in cui si formano in modo più definito le circoscrizioni pievane di cura d’anime, strettamente dipendenti dal vescovo. Nello stesso periodo si assiste anche a una fortissima ripresa edilizia e l’architettura costituisce la rappresentazione visiva del potere, in questo caso dell’autorità ecclesiastica che in Trentino si identifica appunto con quella civile, riunite nella figura del principe vescovo».
Nello specifico, a chi fa riferimento?
«A riorganizzare il principato è Federico Vanga, e la proiezione di queste architetture di pietra possenti nel territorio si lega a questa fase, che è anche di espansione economica. A intervenire direttamente sono i suoi ministeriales, soprattutto le figure collegate con la curia dell’amministrazione vescovile, che sgomitano per avere posizioni forti».
Chi poteva avere tanto denaro e prestigio da commissionare l’opera?
«L’artefice della pieve fu Odorico da Saiano, un canonico molto potente, segretario ai tempi del Vanga. Il progetto infatti è tipico della fase vanghiana: gli studi sulla tipologia di lavorazione della pietra, sulla sua messa in opera, su spessori e dimensioni dimostrano che tali elementi sono identici a quelli del palazzo nuovo che Vanga ha fatto costruito per sé nel castello di Stenico, utilizzando maestranze prese dal cantiere del duomo di Trento».
A cosa mirava Odorico da Saiano?
«Il tutto va collocato nell’ambito di una competizione che nel medioevo diventa fortissima per raggiungere le posizioni di vertice. La famiglia da Saiano aveva interessi a espandere il proprio dominio, quindi riesce a convogliare dei fondi propri in un’operazione edilizia molto importante, che segna il suo potere. Non a caso, realizzerà la pieve di fronte al castello di una famiglia concorrente potentissima, quella dei Da Campo».
Perché la Soprintendenza si è così impegnata sulla Pieve di San Lorenzo?
«Il progetto risale agli anni Novanta e si collega a quello di Monte San Martino, ai cui piedi è sorta poi la pieve. La tradizione parlava della pieve come erede di un luogo di culto romano, ma con la pubblicazione abbiamo dimostrato che si trattava di una leggenda collegata alla quindicina di epigrafi romane murate nelle strutture della chiesa. In realtà, abbiamo accertato che tali epigrafi sono state trasportate là in tempi diversi come materiale da costruzione, oppure legato a ristrutturazioni di età successiva».
Com’è strutturata la pieve?
«Accanto alla chiesa sorge la canonica, diventata poi un palazzo, ma la parte più interessante è il battistero, perché quello di Vigo Lomaso non solo è unico nelle Alpi centrali come architettura conservata in originale, ma soprattutto lo studio da noi fatto dimostra che quel battistero è stato progettato non per un’area rurale, ma per una città».
Accanto all’architettura, la pieve conserva anche testimonianze artistiche?
«Nei secoli il complesso ha subito una serie di adeguamenti che non ne hanno stravolto gli assetti. Le opere d’arte sono tutte di età moderna, dal 1700 in poi. Interessante dopo la Grande Guerra la ricostruzione di un rosone frontale in stile romanico, riportante i nomi dei caduti».