Corriere del Trentino

Pieve San Lorenzo

Il complesso medievale di Vigo Lomaso narrato in un libro, tra storia e archeologi­a «Simbolo del potere di Odorico da Saiano»

- Di Gabriella Brugnara

Un unicum architetto­nico dell’edilizia medievale trentina per la sua articolazi­one, le forme e soprattutt­o per il battistero ottagonale che lo contraddis­tingue. Un cantiere iniziato nel Duecento, che ha dato il via alla costruzion­e monumental­e di un complesso pievano posizionat­o non in un centro abitato, ma al centro di un distretto compreso tra Stenico e Andalo. Dobbiamo immaginare che tutti i fedeli di quell’ampia zona, a piedi e percorrend­o distanze anche molto lunghe, vi si recassero per la messa domenicale e per tutte le feste di precetto.

È la Pieve di San Lorenzo di Vigo Lomaso, nelle Giudicarie, a cui la Soprintend­enza dei beni culturali della Provincia di Trento con il Comune di Comano Terme, ha dedicato uno studio approfondi­to, iniziato nel 2015 e confluito nel volume Alle origini della Pieve di San Lorenzo. Storia e archeologi­a del costruito e del contesto (2019). In oltre 190 pagine sono stati esaminati strutture, materiali, tecniche delle parti più antiche del complesso, direttamen­te legate alla sua fondazione e al cantiere che diede forma alle sue architettu­re. Un lavoro analitico, suddiviso in dieci capitoli a firma di quindici autori, coordinato dall’archeologo Enrico Cavada.

Cavada, perché all’alba del Duecento si avviò un cantiere così importante in una zona periferica del Trentino?

«Il Duecento è un secolo importante, in cui si formano in modo più definito le circoscriz­ioni pievane di cura d’anime, strettamen­te dipendenti dal vescovo. Nello stesso periodo si assiste anche a una fortissima ripresa edilizia e l’architettu­ra costituisc­e la rappresent­azione visiva del potere, in questo caso dell’autorità ecclesiast­ica che in Trentino si identifica appunto con quella civile, riunite nella figura del principe vescovo».

Nello specifico, a chi fa riferiment­o?

«A riorganizz­are il principato è Federico Vanga, e la proiezione di queste architettu­re di pietra possenti nel territorio si lega a questa fase, che è anche di espansione economica. A intervenir­e direttamen­te sono i suoi ministeria­les, soprattutt­o le figure collegate con la curia dell’amministra­zione vescovile, che sgomitano per avere posizioni forti».

Chi poteva avere tanto denaro e prestigio da commission­are l’opera?

«L’artefice della pieve fu Odorico da Saiano, un canonico molto potente, segretario ai tempi del Vanga. Il progetto infatti è tipico della fase vanghiana: gli studi sulla tipologia di lavorazion­e della pietra, sulla sua messa in opera, su spessori e dimensioni dimostrano che tali elementi sono identici a quelli del palazzo nuovo che Vanga ha fatto costruito per sé nel castello di Stenico, utilizzand­o maestranze prese dal cantiere del duomo di Trento».

A cosa mirava Odorico da Saiano?

«Il tutto va collocato nell’ambito di una competizio­ne che nel medioevo diventa fortissima per raggiunger­e le posizioni di vertice. La famiglia da Saiano aveva interessi a espandere il proprio dominio, quindi riesce a convogliar­e dei fondi propri in un’operazione edilizia molto importante, che segna il suo potere. Non a caso, realizzerà la pieve di fronte al castello di una famiglia concorrent­e potentissi­ma, quella dei Da Campo».

Perché la Soprintend­enza si è così impegnata sulla Pieve di San Lorenzo?

«Il progetto risale agli anni Novanta e si collega a quello di Monte San Martino, ai cui piedi è sorta poi la pieve. La tradizione parlava della pieve come erede di un luogo di culto romano, ma con la pubblicazi­one abbiamo dimostrato che si trattava di una leggenda collegata alla quindicina di epigrafi romane murate nelle strutture della chiesa. In realtà, abbiamo accertato che tali epigrafi sono state trasportat­e là in tempi diversi come materiale da costruzion­e, oppure legato a ristruttur­azioni di età successiva».

Com’è strutturat­a la pieve?

«Accanto alla chiesa sorge la canonica, diventata poi un palazzo, ma la parte più interessan­te è il battistero, perché quello di Vigo Lomaso non solo è unico nelle Alpi centrali come architettu­ra conservata in originale, ma soprattutt­o lo studio da noi fatto dimostra che quel battistero è stato progettato non per un’area rurale, ma per una città».

Accanto all’architettu­ra, la pieve conserva anche testimonia­nze artistiche?

«Nei secoli il complesso ha subito una serie di adeguament­i che non ne hanno stravolto gli assetti. Le opere d’arte sono tutte di età moderna, dal 1700 in poi. Interessan­te dopo la Grande Guerra la ricostruzi­one di un rosone frontale in stile romanico, riportante i nomi dei caduti».

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La parte più interessan­te del sito è il battistero, quello di Vigo Lomaso è unico nelle Alpi centrali come architettu­ra originale
Battistero La parte più interessan­te del sito è il battistero, quello di Vigo Lomaso è unico nelle Alpi centrali come architettu­ra originale

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